Sul palco con il presidente del Comitato comasco per il Sì, Giovanni Pontiggia, e con i segretari regionale e provinciale del Pd, Alessandro Alfieri e Angelo Orsenigo, dapprima ha elencato tutti i pregi della “sua” riforma costituzionale chiudendo poi l’estenuante giornata di tappe lombarde (Brescia, con forti contestazioni, Varese e quindi Como) assecondando la brama di selfie di ampia parte della platea. Ma nel mezzo, il pepe, in termini polemico-dialettici, il ministro per le Riforme istituzionali Maria Elena Boschi l’ha sparso a piene mani negli attacchi frontali a Massimo D’Alema e al variegato fronte del No al referendum del 4 dicembre.
“Dopo 30 anni di intese mancate e riforme mai realizzate – ha detto il ministro davanti a un salone di Villa Olmo gremito – noi stiamo proponendo un cambiamento vero, che con la vittoria del Sì renderebbe il Paese più efficiente e più stabile e avremmo istituzioni che funzioneranno meglio. Certo, D’Alema, Cirino Pomicino, De Mita, Berlusconi, Fini e Salvini dicono che se vincesse il No, loro farebbero subito qualcosa di meglio. Proprio come negli ultimi 30 anni. Vorrei vederli, Salvini e D’Alema, trovare l’intesa su una nuova riforma costituzionale”.
C’è stato spazio anche per un appello ai comaschi, dal sapore un po’ retrò: “Una sera a settimana, prendete la rubrica del telefono. Chiamate 3-4 persone che conoscete e chiedete se vanno a votare, cosa voteranno e spiegate perché deve vincere il Sì”.
Insistito senza pause il concetto che “il 4 dicembre è un appuntamento fondamentale, decisivo per l’Italia: decidremo se vogliamo cambiare questo Paese o lasciare tutto com’è oggi. Con la vittoria del Sì si supererà il bicameralismo paritario, eliminando l’estenuante ping pong tra Camera e Senato che rallenta l’approvazione delle leggi per mesi, talvolta per anni; si rimedierà alla confusione introdotta dalle modifiche al Titolo 5° sulla divisione dei poteri tra Stato e Regioni semplificando il rapporto tra i diversi livelli di governo; i senatori passeranno da 315 a 100, riducendo così anche i costi della politica, e facendo del Senato la voce dei territori; e aboliremo il Cnel, di cui sfido chiunque a portare un’azione utile degli ultimi anni. Inoltre, si supereranno definitivamente le Province”.