Autorità civili e militari, Associazioni dei Partigiani, Associazioni tutte
Cittadine, cittadini
È sempre con commozione che ci apprestiamo a ricordare il 25 aprile di 72 anni fa, e lo facciamo in un luogo che è segno di riferimento forte e simbolico. È la data che ci ricorda che l’Italia e l’Europa hanno attraversato nella loro storia un periodo terribile, nel quale libertà e democrazia furono barbaramente calpestate da regimi totalitari e disumani. È il luogo che ci ricorda che per poterle riconquistare furono necessari l’impegno e la tenacia di molti, sino al sacrificio della propria vita.
Perché quella di oggi non sia rievocazione di qualcosa di sbiadito, occorre proprio partire dal concreto delle situazioni in cui si trovarono le popolazioni e i resistenti, ricordare l’antifascismo di chi da subito si oppose alla dittatura, il coraggio di scelte pagate duramente. Un regime brutale, quello fascista , che soprattutto dopo l’armistizio dell’8 settembre sorretto dall’invasore straniero si caratterizzò con azioni terribili: deportazioni, uccisioni, rappresaglie, torture, massacri. Chi volesse scorrere l’elenco delle stragi perpetrate solo nel 1944 avrebbe un repertorio agghiacciante di atti di inaudita ferocia compiuti sui civili, senza distinzione tra donne, vecchi e bambini (non possiamo dimenticare Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, così come la Risiera di San Sabba e tanti tanti altri luoghi ormai tristemente famosi);
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Opporsi significava certamente affrontare rischi considerevoli, ma lo fecero in tanti, anche nel comasco, pensando ad un’Italia diversa. “Giuro di impegnare tutte le mie energie morali e materiali per il raggiungimento di uno Stato di libertà e di giustizia in Italia e di eseguire tutti gli ordini che a tale scopo mi verranno dati contro i nemici tedeschi e fascisti” è l’impegno, giunto a noi con un manoscritto, con cui già nel dicembre del 1943 Ugo Ricci, don Carlo Scacchi, Mario Bolla e altri ventuno partigiani si schieravano nella Resistenza in Val d’Intelvi.
Ci appare ben chiaro quali motivazioni li animassero. Per raggiungere uno stato di libertà e di giustizia occorreva dare una risposta personale, e ciascuno la diede secondo le proprie possibilità. Nella storia della Resistenza confluiscono tante storie, tante risposte personali e collettive: quella di chi andava in montagna nelle formazioni partigiane combattenti, quella di chi si rifiutò di imbracciare le armi per rispondere alla leva della repubblica sociale; quella dei militari che dopo l’8 settembre non avevano voluto venire meno al proprio giuramento e passare al servizio di un regime sorretto dall’invasore straniero: tanti si misero al fianco dei partigiani, tanti furono internati nei campi di concentramento in Germania
Ma ricordiamo anche una resistenza non armata di chi partecipava ad una rete sottile e preziosa di comunicazioni altrettanto rischiosa (quante donne hanno fatto da staffetta nel portare ordini e messaggi indispensabili per le azioni successive?); di chi raccoglieva aiuti, di chi con atti di boicottaggio rallentava le operazioni nemiche, di chi, con grave rischio della propria incolumità, accoglieva ebrei e perseguitati e li aiutava ad espatriare per sfuggire alla deportazione. Una pluralità di risposte che ci dice come in ogni occasione, anche la più difficile, è sempre possibile decidere da che parte stare e fare la propria parte.
Raccogliere i documenti e le testimonianze di queste risposte è azione doverosa e meritevole, e dobbiamo ringraziare l’Anpi e l’Istituto Perretta, nonché il Centro studi “Schiavi di Hitler”, che nel nostro territorio hanno compiuto e compiono un lavoro straordinario perché siano conosciuti i protagonisti di gesti di generosità ed abnegazione compiuti spesso nel silenzio. Per questo, nel giorno in cui si ricorda la Liberazione dal dominio nazi-fascista dobbiamo sentire forte la gratitudine verso tutti coloro che hanno fatto la propria parte per questi ideali: se possiamo vivere in libertà, è perché uomini e donne allora pensarono che valesse la pena di impegnarsi e persino di morire.
Ma libertà e democrazia non sono doni dati per sempre, vanno conquistati ogni giorno e richiedono che anche noi, oggi, facciamo la nostra parte perché vengano allontanate tutte le situazioni che le negano. In questa circostanza ricordo sempre, e lo faccio anche ora, la lezione potente che ci giunge dalle lettere dei condannati a morte della Resistenza: ai giovani chiedo di leggerle e rileggerle per capire che anche a noi, anche a loro è richiesto uno sforzo per rendere migliore la nostra Patria.
Il debito di gratitudine che abbiamo nei confronti di chi ha portato alla liberazione dell’Italia lo onoriamo compiendo il nostro dovere, per rendere, qui e ora, concrete le istanze di libertà, giustizia, solidarietà che rendono davvero democratica una nazione.
Viva il 25 Aprile, viva la Liberazione, viva l’Italia[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]