Il Comune di Campione d’Italia non può essere considerato a prescindere il proprietario di tutte le somme ricavate dall’attività del casinò: questa la motivazione con cui la Corte di Cassazione – come riporta l’agenzia Agipronews – ha accolto i ricorsi presentati dai legali dell’ex amministratore delegato della casa da gioco, Carlo Pagan, dal segretario generale del Comune, Gianpaolo Zarcone e dalla Casinò di Campione Spa.
I giudici supremi hanno ribaltato la decisione del tribunale del Riesame di Como, che lo scorso dicembre aveva confermato una serie di sequestri legati all’inchiesta partita dopo la denuncia per peculato presentata dal sindaco dell’exclave italiana in Svizzera, Roberto Salmoiraghi.
«Il Comune – si legge nella sentenza riportata da Agipronews – non può essere proprietario “ab origine” degli introiti derivanti dall’attività di gioco, perché, spettandogliene solo una quota, l’altra parte di questi proventi non gli compete e non avrà mai». La decisione del tribunale del riesame è stata dunque annullata, con rinvio ai giudici di Como.
L’ipotesi di reato da cui era partito il procedimento riguardava l’appropriazione di un milione e 400mila franchi svizzeri, introiti che, secondo l’accusa, la società Casinò di Campione avrebbe dovuto versare al Comune a dicembre 2015.
La Sesta sezione penale ha invece accolto la tesi difensiva degli indagati. il provvedimento del tribunale del Riesame non ha valutato la possibilità che le somme non versate non spettassero al Comune, «ritenendo la questione irrilevante» e commettendo un «evidente errore giuridico». Per la Cassazione, però, «l’obbligo di custodia» della cifra in questione, stabilito dalla Convenzione del 2014, non presuppone «l’altruità del bene», elemento fondamentale per contestare il reato di peculato.