Domani sera Officina Como presenterà ufficialmente un progetto per il recupero dell’area Ticosa.
Oltre 40mila metri quadrati a due passi dal centro. Un ex insediamento industriale, una città nella città di elevatissimo valore strategico ed economico.
Un primo progetto di recupero – nato durante la giunta Bruni – è naufragato.
Ora Officina Como – pensatoio, associazione, lobby di notabili comaschi guidata da Paolo De Santis – mette sul piatto un nuovo progetto.
Lo farà domani, pubblicamente, ma oggi siamo in grado di anticipare i contenuti della proposta.
IL PROGETTO
Proposta che insiste su tre punti: housing sociale (case a canone agevolato) un hub creativo (uffici da affittare ad aziende), e una parte commerciale (negozi e ristoranti). Nel mezzo, alcuni spazi culturali ricreativi e di aggregazione.
I numeri: 200 appartamenti di social housing per 10mila metri quadrati, fino a 100 aziende nell’hub creativo e 300 posti di lavoro tra negozi e bar/ristoranti.
Gli appartamenti di social housing verrebbero affittati a 300 euro al mese (un bilocale).
E ora veniamo ai conti. L’operazione vale – secondo i proponenti – oltre 55 milioni di euro, dei quali 12,5 verrebbero spesi in opere di urbanizzazione (parcheggi, viabilità e riqualificazione Santarella).
Sempre secondo questo progetto, i promotori si farebbero carico dei costi della conclusione della bonifica, stimati in 4 milioni di euro: in cambio, però, acquisirebbero i diritti di superficie dell’intera area – una città nella città – per quasi un secolo, 99 anni per la precisione.
QUALE INTERESSE PER LA CITTA’?
Sul progetto che verrà presentato domani da Officina Como dovrà esprimersi il Comune di Como, a livello tecnico e politico.
E’ tuttavia legittimo, se non opportuno, avanzare un paio di considerazioni.
La prima: l’amministrazione cittadina rischia di essere incalzata da una proposta presentata con tempi a dir poco serrati. La brochure del progetto è datata gennaio. I promotori intendono reperire parte dei finanziamenti aderendo a un bando di Fondazione Cariplo che scade alla fine di febbraio. Ben immaginiamo quanto l’amministrazione desideri risolvere l’eterno problema Ticosa, ma un simile progetto va ponderato e valutato. Soprattutto nell’interesse della città. Una città che quasi regalerebbe ai privati un’area dal valore immenso per quasi un secolo in cambio solamente della conclusione della bonifica stimata in 4 milioni. Un secolo, quattro milioni. Per un’area che all’inizio degli anni Ottanta costò oltre sette miliardi di lire, pagati con un mutuo a tassi superiori al 20%. Ci permettiamo di suggerire che, forse, l’area andrebbe monetizzata ben diversamente. Magari – perché no – anche acquistata, da chi intende fare un’operazione immobiliare – perché questo sembra – così importante.
La seconda considerazione è sui contenuti. La brochure del progetto è ricca di termini anglosassoni: dal social housing all’hub, dalla cross-fertilization addirittura ai park pubblici, che noi più umilmente chiameremmo posteggi.
Ebbene, al netto di inglesismi e neologismi, l’intervento prevede case a canone convenzionato, negozi e uno spazio per aziende creative. Oltre a servizi e qualche spazio pubblico.
Viene da chiedersi: è un progetto davvero in linea con le aspettative dei comaschi? Se la Ticosa dev’essere simbolo della rinascita e del rilancio di Como, questi contenuti sono da considerarsi sufficienti? Progettare la Ticosa significa disegnare il futuro della città. Dev’essere un’operazione urbanistica, più che immobiliare. In altre parole non vorremmo che i comaschi, comprensibilmente esasperati da anni di fallimenti e immobilismo, pur di non vedere più la deprimente spianata deserta della Ticosa abbassassero l’asticella delle aspettative. Si accontentassero. E accontentarsi, a volte, è pericoloso.