Non hanno risposto alle domande del giudice delle indagini preliminari Pietro Porro e Flavio Foti, ex presidente e vicepresidente del Calcio Como, ai domiciliari da martedì con l’accusa di bancarotta nell’ambito dell’inchiesta sul fallimento della società, avvenuto nell’estate del 2016. Questa mattina sono arrivati in Tribunale a Como per l’interrogatorio davanti al gip Maria Luisa Lo Gatto. Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e sono rimasti in silenzio. Restano ai domiciliari.
L’inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore Pasquale Addesso. Le accuse per gli ex vertici del club sono di bancarotta per distrazione e dissipazione e bancarotta preferenziale. Contestazioni che ruotano attorno a due questioni che, per l’accusa avrebbero portato al dissesto economico della società, il passaggio di proprietà del campo sportivo di Orsenigo e la compravendita del marchio del Calcio Como.
Flavio Foti, pur non avendo risposto alle domande del giudice, si dice pronto a chiarire la sua posizione. <Avrebbe voluto rispondere, ma la scelta della difesa è stata di non farlo perché il materiale dell’indagine è copioso e non abbiamo avuto il tempo per analizzarlo, visto che ci è stato messo a disposizione solo ieri>, precisa il legale difensore Graziella Foti. <Abbiamo sostanzialmente rimandato la volontà di chiarire, sempre davanti al giudice – aggiunge l’avvocato – Foti è sereno e determinato a voler chiarire ogni vicenda e ogni aspetto da tutti i punti di vista>.
Nessun commento dopo la scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere invece dai legali di Pietro Porro. I due ex dirigenti del Como sono arrivati in Tribunale accompagnati dai legali e sono rimasti a Palazzo di Giustizia meno di un’ora.
Oltre a presidente e vice, nel registro degli indagati sono iscritti anche Fabio Bruni, consigliere del vecchio Calcio Como, e Stefano Roda, presidente della S3c, la società che deteneva il 99% delle quote del club azzurro. La vecchia dirigenza, per l’accusa non avrebbe adottato provvedimenti per ripianare le perdite della società e nemmeno ricapitalizzato, lasciando che la situazione debitoria si allargasse fino ad una cifra di almeno 6 milioni e mezzo di euro.