Quando era parroco a San Giuliano, Como, furono moltissimi i suoi interventi su temi di forte attualità anche politico-amministrativa, così come non mancarono riflessioni sferzanti sulla Chiesa comasca. Poi, nell’estate 2015, arrivò il trasferimento a Grandate e – lungi dal perdere la puntuta vis dialettica – su di lui si spensero un po’ i riflettori. Ieri sera però, nel cuore del consiglio comunale dove si dibatteva la mozione di sfiducia all’assessore Lorenzo Spallino per il caso del ponte a gradini in via Badone, ci ha pensato la consigliera di Ncd Laura Bordoli a ripuntare le luci su don Roberto Pandolfi.
E’ accaduto grazie alla citazione di un lungo documento con cui il sacerdote – tra l’altro anche esorcista per la Diocesi – lo scorso 20 settembre, nel pieno delle polemiche pre-inaugurazione, stroncò letteralmente l’opera da un milione di euro, di fatto inaccessibile ai disabili.
“Infuriano le polemiche sul ponte di via Badone, a Como – è l’incipit della riflessione di don Roberto Pandolfi, dal titolo evocativo “Ego e ponti” – Verrebbe da dire che è proprio difficile amministrare una città e che finché si è all’opposizione si critica e ci si presenta come i salvatori della patria, poi, quando si è chiamati a governare, le cose diventano un po’ più complicate e spesso si finisce per fare gli stessi errori (e anche peggiori) ferocemente rimproverati agli altri. Ne sappiamo qualcosa anche a livello ecclesiale”.
“Il ponte di via Badone è a gradini – prosegue il testo – Questo implica un’oggettiva difficoltà per tante persone, impossibilitate a deambulare autonomamente. Questione di pendenze, dice l’assessore: il ponte sarebbe stato molto più lungo senza gradini. La vicenda tragicomica mi sembra simile a quella del famigerato ponte dell’archistar Calatrava a Venezia: solo dopo che è stato finito ci si è accorti che non era accessibile alle persone portatrici di handicap […] L’espressione potrebbe essere “ponte selettivo”, cioè un ponte sul quale possono passare solo alcune categorie di oggetti e di persone. In fondo viviamo in una società di fatto estremamente selettiva – prosegue don Roberto – La stessa natura è selettiva: gli individui più deboli sono destinati a perire, a vantaggio dei più forti. E allora dov’è il problema? Chi ha gambe buone si fa il ponte a gradini, gli altri hanno l’attraversamento della strada a raso. Quante pretese!”.
“Mi viene una considerazione un po’ amara: chi progetta opere pubbliche, che dovrebbero servire a tutti, tiene presente le esigenze dei più deboli, anche quando queste non sono obbligatorie per legge? – conclude il parroco di Grandate – Ogni tanto ho l’impressione che l’unica regola valida per tanti progettisti sia l’affermazione del proprio ego, della propria vena narcisista. Non so perché, ma una delle cose più difficile è dire: “scusatemi, ho sbagliato, ho fatto una stupidata!”. Ammettere i propri errori è impresa impossibile per gli egocentrici, soprattutto quando sono circondati dagli adulatori professionisti. E così si finisce per costruire e approvare i ponti a gradini o le paratie inutili o le panchine senza schienale, tanto per rimanere a Como. Perché se andassimo da altre parti del mondo dovremmo mettere nell’elenco delle imprese degli egocentrici anche le guerre. Ovviamente tutte ammantate di nobili ideali, tipo quello di esportare la democrazia. “Ma mi faccia il piacere”, direbbe il grande Totò”.
Nella vita c’è una fase ascendente e discendente.Finchè facciamo comodo e siamo pimpanti veniamo coccolati da tutto e tutti.Da vecchi o quasi da i 50 ai 70 se hai avuto la sfortuna di arrivarci piegato…devi pagarti cifre di tiket per cure e medicinali.Dopo basta tiket…ma tutto finisce tutto e barriera.
La consigliera Bordoli ha letto l’intero articolo del parroco di Grandate.
E io ho ascoltato attentamente.
Dico subito che, al contrario della consigliera, a me non è parso un grande articolo.
Mettere sullo stesso piano, infatti, il ponte di via Badone con quello di Calatrava a Venezia non rende un buon servizio alla verità e neppure al buonsenso.
A Venezia, il ponte è un passaggio obbligato.
A meno di non considerare possibile la traversata a nuoto o in barca del canale…
Quello di via Badone è una alternativa all’attraversamento su strisce pedonali con semaforo a chiamata e spartitraffico di protezione.
Riflessione che chiunque può fare.
E’ chiaro dunque che le obiezioni del sacerdote su ultimi e esclusi, in questo caso, siano fuori centro.
Don Roberto parlerebbe di esclusione degli ultimi, dei portatori di handicap se in un palazzo pubblico fossero presenti le scale ma anche gli ascensori?
Come ha ben detto il consigliere Tettamanti, il ponte è lungo 98 metri, per renderlo accessibile anche alle persone in sedia a rotelle sarebbe stato necessario abbassarne la pendenza e allungarlo di molto, il triplo, cioè 300 metri.
Dopo di che, aggiungo io, l’opera avrebbe invaso tutti gli spazi, limitati, disponibili, deturpando l’estetica di un bel lavoro di riqualificazione e poi, mi domando, chi si sarebbe messo a spingere una sedia a rotelle in salita, che comunque sarebbe rimasta, e a trattenerla, in discesa, e per un tratto così lungo, quando si ha a disposizione un comodissimo attraversamento stradale, IN PIANO, e protetto?
A tal proposito, posso considerarmi, in un certo senso, un esperto di sedie a rotelle, visto che per diversi anni le ho “guidate” con sopra una persona cara.
E dunque so quanto una pendenza anche minima renda difficile il governo di questi ausili sia in salita sia in discesa.
Se si riflettesse su questo, le polemiche non avrebbero motivo di essere.