La Procura di Como ha aperto un’inchiesta. Al di là degli sviluppi giudiziari, il caso del suicidio assistito chiesto e ottenuto in Svizzera dall’ingegnere 62enne di Albavilla, affetto da una forte depressione, è destinato a far discutere anche l’opinione pubblica.
Nelle scorse ore è intervenuta l’associazione ProVita. “Il suicidio assistito dell’ingegnere di Albavilla ci addolora e ci preoccupa: dov’è la ‘solidarietà sociale’ invocata dall’art. 2 della nostra Costituzione?” – si chiede l’associazione – “L’ingegnere di Albavilla era depresso ed è noto che la depressione è la causa principale dei suicidi. Chi soffre di depressione – come ogni malato – ha diritto d’essere curato, ci auguriamo che la Procura accerti le responsabilità in tal senso: i servizi sociali sapevano dell’intenzione dell’ingegnere, cosa hanno fatto per aiutarlo? Speriamo che la diffusione di notizie come questa non scateni l’effetto emulazione”.
Interviene, da noi interpellata, anche Dignitas, l’ente elvetico al quale l’ingegnere si è rivolto: “Non siamo una clinica, ma una associazione senza scopo di lucro”, precisano dalla Svizzera. E ancora: “La persona è accompagnata durante tutto il processo di preparazione, fino alla fine, sia professionalmente dalla Dignitas, sia dalla famiglia e dagli amici, per cui si tratta di un vero e proprio accompagnamento alla morte e non solo di un atto assistito”, continua l’associazione, che poi aggiunge: “Gli avversari della libera scelta nel fin di vita, per ragioni dogmatiche (spesso religiose), per ragioni di potere o per interessi finanziari, non possono accettare che una persona non si arrenda, ma che voglia decidere del proprio destino”.