I pendolari degli allenamenti. La nuova frontiera della fuga – obbligata – oltreconfine è quella delle società sportive di Como costrette a fare i conti con la chiusura prolungata del Campo Coni. Per decine di atleti, orfani della pista di atletica di via Muggiò, l’unica possibilità per potersi allenare in una struttura idonea è quella di varcare il confine e raggiungere il campo di Chiasso. Un via vai che costringe le società e le stesse famiglie a uno sforzo organizzativo notevole a livello di spostamenti.
L’odissea dei circa 500 atleti delle dieci società sportive che gravitano sul Campo Coni è iniziata nel settembre scorso, quando, a fine estate, già in ritardo di quasi tre mesi sulla tabella di marcia, la struttura sportiva è stata chiusa e consegnata alla società che ha vinto l’appalto per la ristrutturazione dell’impianto. Un cantiere da 400mila euro con lavori che, sulla carta, sarebbero dovuti durare poco più di tre mesi.
L’avvio dei lavori veri e propri è slittato fino a settembre inoltrato. A novembre la beffa: il cantiere viene sospeso perché gli interventi previsti, in particolare la posa del nuovo anello della pista di atletica, non possono essere effettuati nella stagione fredda. Il Campo Coni viene parzialmente riaperto, ma di fatto con la sola disponibilità degli spogliatoi e non degli spazi per gli allenamenti. Ad oggi, non è ancora stata indicata la data della ripresa dei lavori. L’area di cantiere è desolata e vuota e nulla fa pensare a un’imminente ripresa delle attività.
Impossibile per decine di atleti allenarsi sulla pista di atletica. A settembre, dopo la chiusura del Campo Coni, l’amministrazione comunale si era impegnata a collaborare per trovare soluzioni alternative, senza poi arrivare a risultati concreti. Le società sportive si sono viste costrette a organizzarsi per permettere agli atleti di proseguire gli allenamenti. La via obbligata è stata quella della Svizzera e dell’utilizzo della pista di Chiasso. Una soluzione tutt’altro che semplice, ulteriormente complicata dall’età degli atleti delle società coinvolte, in gran parte ragazzini che necessitano di permessi ad hoc per varcare la frontiera senza i genitori. Un sovraccarico di impegno per i responsabili dei gruppi sportivi e gli allenatori, i nuovi pendolari degli allenamenti. A tempo indeterminato.