Non solo presunti episodi di mazzette e corruzione all’Agenzia delle Entrate di Como. C’è anche un secondo fronte nell’indagine della procura lariana, coordinata dal pubblico ministero Pasquale Addesso, che ha portato all’arresto dei commercialisti Antonio e Stefano Pennestrì, dell’ex direttore e di un funzionario dell’Agenzia stessa e di un imprenditore tessile.
Il secondo, importante fronte farebbe riferimento a una serie di false fatture emesse per abbattere i costi aziendali. Anche su questo versante, sarebbero diversi i soggetti finiti sotto la lente del magistrato. Questo aspetto dell’indagine è rimasto fino a oggi in secondo piano, per il clamore suscitato dal nucleo principale dell’inchiesta.
Anche per le false fatture, secondo quanto contestato dalla procura, tutto ruotava attorno allo studio dei Pennestrì, ritenuti dall’accusa essere gli «ideatori di un sistema di frode fiscale» che consisteva nell’indurre società sportive, tra cui una squadra di Calcio a 5 del Centro Italia, a emettere fatture per operazioni inesistenti a clienti dello studio. Il tutto, sempre secondo le contestazioni, nell’ambito di un «pacchetto di servizi» che i Pennestrì mettevano a disposizione dei clienti per abbattere i costi aziendali. La guardia di finanza avrebbe anche documentato la «restituzione» delle somme di denaro in contante che venivano versate direttamente nelle mani dei Pennestrì.
Tornando all’operazione che ha portato ai cinque arresti, l’avvocato Angelo Giuliano, difensore dell’imprenditore Andrea Butti, l’unico che ha ottenuto gli arresti domiciliari, ha depositato un’istanza per chiedere la revoca della misura restrittiva o, in subordine, la possibilità di potersi recare sul posto di lavoro. Sulla richiesta l’ultima parola spetterà al giudice delle indagini preliminari che ha firmato l’ordinanza, Maria Luisa Lo Gatto. La risposta è attesa entro la prossima settimana.