«In un anno, in mano ad un consorzio, potremmo arrivare alla soglia dei cinque milioni di euro». E’ il mese di giugno del 2010 quando, a Mariano Comense, esponenti delle famiglie calabresi Ficarra e Salerni pronunciano queste parole. Per gli inquirenti comaschi, è l’avvio del “business delle cooperative”, un enorme giro d’affari al quale la procura di Como ha messo fine martedì scorso con un’ordinanza di custodia cautelare per 34 persone.
In base a quanto ricostruito in una lunga e complessa indagine da guardia di finanza e polizia, per un decennio gli indagati hanno creato presunte false cooperative solo per produrre fatture per operazioni inesistenti, abbattere gli utili dei consorzi, essere svuotate e fatte fallire nel giro di un paio di anni, salvo poi essere sostituite da altre nuove pronte per lo stesso scopo.
Società che ruotavano attorno a due nomi che la procura di Como ritiene essere i cardini della vicenda, Massimiliano Ficarra, commercialista originario di Gioia Tauro ma per quattro giorni alla settimana fisso nel Comasco e Cesare Giovanni Pravisano, di Lomazzo.
Un esempio eloquente è quello della Como Service, che in barba al nome era stata costituita in Aspromonte con sede a Gioia Tauro. Società cooperativa dichiarata fallita dal Tribunale di Como con sentenza del 17 dicembre 2018, non prima di essere stata “svuotata”, secondo l’accusa, con una distrazione dal patrimonio di 747 mila euro e obbligazioni erariali non versate per oltre 3 milioni di euro. Secondo la procura la Como Service avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti in favore di un consorzio per quasi un milione di euro, disponendo anche diversi bonifici senza causale e titoli giustificativi incassati dalla compagna di Massimiliano Ficarra. Ai prestanome, soprattutto stranieri, secondo quanto emerso veniva riconosciuto un compenso di circa 500 euro mensili.