Asilo Sant’Elia, nel dibattito sul futuro dell’edificio razionalista della città interviene in modo netto il Fai – Fondo per l’ambiente italiano – con il presidente nazionale Marco Magnifico, comasco di nascita, che ha illustrato la situazione direttamente al ministro della Cultura, Alessandro Giuli, durante la conferenza stampa di presentazione delle Giornate di Primavera del 22 e 23 marzo, evento annuale organizzato dal Fondo per l’Ambiente italiano che prevede l’apertura straordinaria di palazzi, ville, luoghi e monumenti allo scopo di far conoscere e valorizzare il patrimonio culturale e paesaggistico del Paese.
Coinvolte 400 città italiane, a Como, per l’occasione, sarà riaperto dopo la chiusura del 2019 l’Asilo Sant’Elia, capolavoro di Giuseppe Terragni. Il presidente del Fai ha parlato dello stato in cui versa oggi il prestigioso immobile e ha sottolineato con forza che dovrebbe tornare alla sua funzione originaria: “Ma quale museo? Un asilo è un asilo deve tornare a ricoprire il ruolo educativo per cui è nato”.
Magnifico sembra in qualche modo rispondere alla strada tracciata dall’amministrazione che vorrebbe, appunto, trasformarlo in museo.
Un’ipotesi sostenuta, più volte, anche dal consigliere regionale ed ex assessore alla Cultura di Como, Sergio Gaddi, che in queste ore sui social risponde al presidente del Fai. “Ho ascoltato, con un certo sconcerto, le parole del presidente nazionale che immagina di riportarci i bambini – ha scritto – l’idea mi sembra una sciocchezza assoluta, perché forse il presidente ignora che per rimetterci i bambini l’asilo andrebbe stravolto per adeguarlo alle attuali normative di edilizia scolastica e sicurezza. Che hanno molto poco di artistico e porterebbero il povero asilo a perdere completamente la perfezione funzionale ed estetica voluta da Terragni negli anni Trenta. Sarebbe una inaccettabile violenza culturale, irrispettosa e inutile. – sottolinea Gaddi – Essere un museo moderno, soprattutto di se stesso, significa essere luogo di ricerca e di trasmissione del sapere e anche di svago, soprattutto – conclude – verso i bambini che potrebbero finalmente andare a visitarlo”.
potrebbe diventare una scuola di architettura e design per pochi selezionatissimi studenti da tutto il mondo;
museo di sé stesso significa una costosissima muffa.
La Casa del Fascio è nata come centro direzionale;
il comando della GdF ci sta benissimo.
Il parere più autorevole su questa vicenda lo potrebbe fornire soltanto il protagonista principale, ossia Giuseppe Terragni. Forse risponderebbe così a Sergio Gaddi: “i bambini dovrebbero finalmente tornare a rivitalizzare l’asilo che ho pensato per loro”, e non semplicemente “andare a visitarlo”. Svuotarlo della componente umana per la quale è stato pensato vorrebbe dire ridurlo ad un involucro senza anima. Ed è, sostanzialmente, questo il pensiero espresso dal presidente Marco Magnifico. Sciocco non è il pensiero di quest’ultimo, ma è deficitaria la normativa generale che non prevede deroghe od applicazioni speciali per casi come questo.
Le Case del Fascio erano il centro socio politico del partito unico di regime. In esse trovavano sede anche associazioni giovanili come quella degli universitari. La funzione sociale, politica e culturale dovrebbe essere mantenuta ed esaltata nel contesto democratico attuale. Potrebbe essere ribattezzata Casa della Città, e diventare luogo di confronto, cultura e dibattito.