Dehors fissi a Como, addio alle verande permanenti nei mesi estivi: la questione, di cui ha parlato il sindaco Alessandro Rapinese, alimenta le polemiche e divide la politica. Dopo il gruppo comasco di Fratelli d’Italia, con le dichiarazioni di Alessandro Nardone e Stefano Molinari, a intervenire sul nuovo regolamento edilizio voluto da Palazzo Cernezzi è il consigliere comunale del Partito Democratico Stefano Legnani.
Addio ai dehors fissi a Como, l’intervento di Legnani (Pd)
“È vero – dichiara Legnani – che la legge prevede per le strutture stagionali una durata non superiore a 180 giorni, mentre il regolamento di Como lo consentiva per 8 mesi, dal 1 ottobre al 31 maggio, ma è altrettanto vero che la legge consente di installare anche strutture permanenti“. Il consigliere dem precisa poi che le strutture al centro del dibattito non sono da confondere “con la collocazione di tavoli e sedie, che non è soggetta alle norme edilizie ma solo a quelle sull’occupazione dello spazio pubblico”.
Poi la domanda: “Se l’ attuale articolo 67 del regolamento, pur non del tutto coerente con la legge, prevede un massimo di 8 mesi per le strutture stagionali, ora ridotti a 180 giorni, perché Rapinese, che si professa rispettoso delle regole, in questi tre anni da quando è stato eletto non le ha mai fatte rimuovere entro il 31 maggio come avrebbe dovuto?”. Una stoccata, quindi, quella di Legnani, che si chiede perché il primo cittadino comasco non sia intervenuto prima sul regolamento edilizio.
E ancora: “Al di là della nuova norma del regolamento comunale e sulle strutture stagionali o permanenti, non è giunto il momento di fare una riflessione più generale sulle situazioni di vie e piazze della città che, spesso pesantemente occupate da ombrelloni e tavolini, non si possono più definire tali? La città e i suoi cittadini si aspettano una programmazione che sia rispettosa dei luoghi e di chi li vive“, conclude il consigliere comunale del Pd.
Nardone: “Il sindaco Rapinese come Nerone”
Nuove critiche rivolte al sindaco di Como, Alessandro Rapinese, arrivano – ancora una volta – da Alessandro Nardone, coordinatore cittadino di Fratelli d’Italia. “Il primo cittadino come Nerone, un uomo che salì al potere giovanissimo, amato dal popolo e convinto di poter cambiare tutto”, è la stoccata dell’esponente comasco di FdI.
“All’inizio tagliò tasse, organizzò spettacoli, promise un impero più giusto. Poi, lentamente, si convinse che la cosa più importante non fosse governare, ma essere ammirato. Smise di ascoltare, cominciò a recitare. Roma divenne il palcoscenico del suo ego, e il popolo – quello stesso popolo che l’aveva acclamato – fu costretto ad applaudire anche quando tutto crollava”, scrive Nardone.
“Alessandro Rapinese, come Nerone, ha costruito il suo successo sull’idea di essere “diverso da tutti”. È arrivato al potere – aggiunge Nardone – promettendo concretezza, sobrietà, ascolto, e oggi governa con arroganza, supponenza e disprezzo per chi non la pensa come lui. Ha scambiato Como per la sua Roma e il municipio per un teatro dove ogni consiglio comunale diventa parte di una rappresentazione che ha un solo protagonista: sé stesso“.
E ancora: “Rapinese, con la stessa leggerezza, brucia relazioni, scuole, associazioni e fiducia, e mentre la città soffoca nel caos amministrativo si autocelebra come “Superman”, attaccando chiunque osi criticare. Il paragone può sembrare forte, ma l’atteggiamento è identico: l’illusione di essere al di sopra di tutti, il gusto di dividere il popolo in fedeli e nemici, il rifiuto del consiglio e del confronto”, commenta ancora Nardone.
Rapinese, ribadisce l’esponente di Fratelli d’Italia, “ha messo sé stesso al centro e Como ai margini”. Per Nardone, il sindaco non sarebbe capace di ascoltare: “Il problema principale non è la mancanza di risultati, ma la mancanza di umiltà. Perché si può sbagliare un progetto, ma non si può disprezzare chi ti chiede di correggerlo. Como, per tornare a vivere davvero, dovrà liberarsi da questa logica dell’uomo solo al comando che non costruisce, ma divide”.
“Il tempo – conclude Alessandro Nardone – farà il suo corso, ma una cosa è certa: Como non ha bisogno di un imperatore, ma di un sindaco“.






