Rimborsopoli, la Cassazione mette la parola definitiva sull’indagine sulle presunte spese pazze dei consiglieri regionali relative al periodo tra il 2008 e il 2012. La Suprema Corte ha in sostanza azzerato le condanne, in parte per prescrizione, in parte riqualificando le accuse e dichiarandole quindi prescritte. Cancellate le condanne anche ai tre esponenti del Pirellone comaschi ancora coinvolti nella vicenda, Gianluca Rinaldin e Giorgio Pozzi di Forza Italia e Luca Gaffuri del Pd.
Politici ed ex politici lombardi erano accusati di essersi fatti rimborsare con soldi pubblici, per un totale di circa 3 milioni in quattro anni, le spese più varie, in particolare pranzi e cene. In primo e poi in secondo grado erano stati condannati quasi 50 consiglieri regionali.
La decisione
Nelle scorse ore la decisione della Corte di Cassazione, che ha riqualificato l’accusa di peculato in indebita percezione di erogazioni pubbliche per una parte degli ex esponenti della politica lombarda e ha dichiarato per loro la prescrizione. Per altri imputati ha dichiarato prescritto il peculato perché commesso prima del dicembre 2009. Per altri ancora ha annullato con rinvio a un nuovo giudizio di appello, per un difetto di motivazione, la sentenza di condanna di secondo grado. Solo tre gli imputati condannati in via definitiva.
I commenti
Condanne cancellate per i tre consiglieri comaschi che ancora erano coinvolti nella vicenda. “E’ difficile commentare dopo tutto questo tempo – dice Giorgio Pozzi – Sono comunque felice. Con la mia coscienza sono sempre stato serenissimo e il risultato mi fa solo piacere. Abbiamo agito sempre solo per il bene della nostra regione”.
Luca Gaffuri è pronto a presentare un ulteriore ricorso. “La sentenza della Cassazione solleva me e la mia famiglia da un peso enorme, ma alla fine di questo percorso, durato dieci anni, sono lieto di poter affermare ancora una volta la mia fiducia nella giustizia – commenta Luca Gaffuri – Dal punto di vista personale e di uomo pubblico, vorrei vedere cancellata dal giudizio sul mio operato la parola prescrizione, ragione per la quale chiederò al mio avvocato di fare un ulteriore ricorso perché venga ristabilita fino in fondo la verità”.