Due ville con piscina a Grandate e Lurago Marinone, 10 immobili tra le province di Como e di Brescia, due aziende a Cadorago, e poi ancora quote societarie, auto, due “Harley Davidson” orologi di valore, gioielli e contanti per oltre 300mila euro.
Maxi confisca di denaro e di beni per un totale che supera i 7 milioni di euro eseguito dalla guardia di Finanza di Como, coordinata dalla Procura, nei confronti di un sodalizio criminoso al quale – secondo quanto scaturito dalle indagini – si riconducono numerosi reati tributari nel settore della fornitura di manodopera, delle pulizie, del facchinaggio, dei trasporti e della logistica, al servizio della grande distribuzione organizzata.
Le indagini avviate a giugno dello scorso anno
Il lavoro degli investigatori è iniziato il 21 giugno 2022 dalle perquisizioni che hanno coinvolto 21 persone fisiche e 19 giuridiche in Lombardia, Piemonte, Lazio, Campania e Calabria con 14 misure cautelari personali (di cui 9 custodie cautelari in carcere, 4 arresti domiciliari e 1 obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), e un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per complessivi 7,7 milioni di euro emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Como. La sentenza, divenuta irrevocabile, ha confermato la responsabilità penale di 11 persone di cui 4 destinatarie anche di altre pene come ad esempio l’interdizione dai pubblici uffici.
In base a quanto è emerso, le attività di polizia giudiziaria hanno permesso di disarticolare un complesso sistema di frode fiscale commesso in forma associativa, ininterrottamente, tra la fine del 2015 ed il 2022, attraverso la costituzione di 17 società cooperative, un consorzio e una s.r.l. (da ritenersi società capogruppo).
Attraverso l’utilizzo fittizio dello schema societario cooperativistico, i responsabili – secondo quanto spiegano le Fiamme gialle – hanno commesso reati come emissione di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione, e omessi versamenti di Iva. Il sistema di frode ricostruito dai militari del Gruppo di Como, che hanno individuato più società cooperative di lavoro a struttura precaria: società “cartiere” che hanno avuto il compito di assumere la forza-lavoro, di fatto gestita da altre due società “capogruppo”, apparentemente in regola dal punto di vista fiscale. Tali società “cartiere” hanno avuto il compito di emettere, nei confronti delle capogruppo, fatture false (con le quali venivano falsamente addebitati costi del personale). Questo ha consentito loro di abbattere l’ingente debito IVA scaturito dalla fatturazione delle prestazioni al cliente finale/committente e un risparmio dei contributi previdenziali e assistenziali.