“Non conosco nel dettaglio la situazione del viadotto dei Lavatoi ma bene si è fatto a mettere in campo tutti i provvedimenti e le limitazioni al traffico necessarie a garantire la sicurezza. Anche se si tratta di un’infrastruttura di così recente realizzazione è decisivo curare ogni dettaglio”. A parlare, sulle colonne del Corriere di Como, è Antonio Occhiuzzi, direttore dell’Istituto di tecnologia delle costruzioni del Consiglio nazionale delle ricerche. L’immane tragedia di Genova ha inevitabilmente fatto crescere gli interrogativi tra i comaschi e tra quanti si muovono lungo le strade provinciali. E altrettanto inevitabilmente l’attenzione si è rivolta alle condizioni del viadotto dei Lavatoi, l’osservato speciale nonché l’infrastruttura al centro di una lunga serie di interventi che si concluderanno, probabilmente, alla fine del 2019. Un ponte che, a differenza di quello di Genova risalente alla fine degli anni ’60, è stato inaugurato nel 2003. “Decisivo è sfruttare al massimo le competenze che abbiamo sul territorio. Coinvolgere ricercatori, professori e quanti hanno nozione della materia – dice il professor Occhiuzzi – Inoltre sul vostro territorio c’è stato di recente un crollo. Quello dell’ottobre del 2016 di Annone (Lecco) dove un cavalcavia ha ceduto per effetto di un carico eccezionale incompatibile con la resistenza della struttura”.
Per quanto riguarda nel dettaglio il viadotto dei Lavatoi, va ribadito come entro la fine del 2018 dovrebbe essere pronto il progetto preliminare per le operazioni di messa in sicurezza da eseguire. Le somme necessarie – stimate in 2 milioni di euro – verranno successivamente messe nel bilancio del 2019 e i lavori dovrebbero poi scattare presumibilmente nella seconda metà del 2019 per terminare entro gli otto mesi successivi. Questo l’ultimo cronoprogramma presentato da Palazzo Cernezzi. Per adesso dunque l’infrastruttura rimane interdetta ai mezzi pesanti e la sicurezza viene garantita grazie a un sistema di monitoraggio dinamico che tiene controllata la situazione strutturale. “In linea di principio non esistono opere eterne o indistruttibili. La durata possibile delle infrastrutture si è naturalmente allungata nel corso degli anni. Ci si è arrivati con l’esperienza, con gli studi e l’osservazione. Ecco perché è decisivo avere competenze specifiche, curare la ricerca e investire sempre nella manutenzione. Monitorare un’opera significa riuscire anche a capirne le criticità. Certo non è sufficiente anche perché, come accaduto a Genova, il ponte Morandi proprio per le sue caratteristiche uniche era sempre sotto osservazione”, aggiunge Occhiuzzi. “Ovviamente spesso è molto utile fare un ragionamento semplice. Quando un ponte, così come ad esempio un’autovettura, richiede più interventi di manutenzione – o relative visite dal meccanico – di quanto sia stato il valore investito per la realizzazione dell’opera, allora forse significa che sarebbe più conveniente intervenire in modo drastico, cambiando l’auto o rifacendo il ponte”, chiude Occhiuzzi.