E’ il giornale dei capi di Stato, dei Presidenti, dei magnati. Lo sfogliano gli Obama e i Trump, i Putin. Insomma, non è un foglietto di seconda battuta. Il New Republic non solo fa opinione ma la sposta. Quando va online e in stampa c’è sempre qualche sedia che trema o qualcuno che esulta. Chiunque faccia il fotografo o il giornalista si venderebbe la mamma per vedere una propria pubblicazione su quelle pagine. La mamma di Mattia Vacca però sta bene, è a casa tranquilla, giuro. Perché in questo caso è bastato (per dire) il talento. E così il nostro amico e collega è arrivato là dove osano le aquile, in cima, nell’Olimpo. Lo ha fatto con How to act in extreme situations or instances of war.
Come scrivevo in occasione del suo reportage dedicato ai migranti pubblicato da Zeit “il rapporto tra Mattia Vacca e la fotografia è fortemente sbilanciato in favore della realtà. Non potrebbe essere diversamente per un fotogiornalista, è vero, ma la capacità narrativa dei lavori di Vacca è tanto potente da travalicare il perimetro di un’istantanea e dei soggetti impressi: riesce a raccontare anche quello che non c’è, quello che sta intorno e dietro la macchina fotografica. Così la cronaca e la narrazione di un fatto si manifestano in tutta la loro pienezza”. Ecco, lo stesso pensiero può essere serenamente declinato al lavoro sull’esercito lituano. Un reportage coerente alla sintassi visiva che Vacca ha costruito in questi anni. Un dinamismo mai formale, una costruzione dello spazio che sfalsa le geometrie giocando su punti luce e profondità che trasformano il reale in un iperreale. Direi (forse impropriamente ma il senso è questo): una realtà aumentata, ipertrofica dal punto di vista percettivo e contemporaneamente minimale, mai debordante (semmai giocata a sottrazione) per i significati che esprime. I soldati lituani e l’ordinario tra sigarette e sacchi a pelo, le armi, i boschi, il verde dominante: tutto viene descritto con un realismo disarmante dove la firma di Vacca (cioè il suo occhio) è sempre, e immediatamente, riconoscibile.
L’intervista integrale su New Republic
Il sommario del numero di aprile