Trump “grazia” l’Unione europea con dazi reciproci al 15%, ma va peggio nella vicina Svizzera e a pagarne le conseguenze sarebbero anche i lavoratori frontalieri, in larga parte comaschi. Trema chi ogni giorno varca il confine: contro l’imposizione fiscale voluta dagli Stati Uniti non basta l’agio garantito dagli stipendi d’oro contro cui l’Italia non può reggere il confronto. Ma andiamo con ordine.
Svizzera, gli Usa impongono dazi al 39%: le conseguenze per i lavoratori frontalieri
Il presidente americano Donald Trump ha annunciato l’introduzione di dazi doganali al 39% sui prodotti provenienti dalla Svizzera, con inevitabili conseguenze su imprese, lavoratori e consumatori. Il Canton Ticino, in particolare, esporta negli Stati Uniti meno del 10% del volume totale. Una cifra minoritaria, quindi, rispetto all’export complessivo. Gli Usa non sono di certo il principale interlocutore commerciale del Canton Ticino e della Svizzera più in generale, ma un dazio al 39% pesa inevitabilmente sui bilanci del Paese. In particolare, un regime fiscale così salato potrebbe causare un ridimensionamento della manodopera locale, con la conseguente perdita di posti di lavoro. E a subire le conseguenze sarebbero proprio i lavoratori che arrivano dall’estero. Tremano quindi i 78.855 lavoratori che quotidianamente superano la frontiera per recarsi in Ticino. Ma non è il solo scenario possibile.
Lo spiega Giuseppe Augurusa, responsabile nazionale dei frontalieri della Cgil. “I dazi al 39% – commenta – sono un affronto pesantissimo per la Svizzera. Con il possibile aumento delle esportazioni svizzere, rischia di diminuire la competitività delle imprese, con una conseguente contrazione del personale”. Non è da escludere, quindi, un effetto fisarmonica: “Da sempre, i lavoratori frontalieri fanno da “fisarmonica” a seconda dell’andamento positivo o negativo dell’economia svizzera. Il regime fiscale americano, inoltre, si somma alla crisi industriale che il Ticino sta già affrontando”. Compare poi l’ombra del dumping salariale, “come leva di riduzione dei costi”. I salari dei frontalieri, quindi, rischiano di essere abbassati rispetto a quelli dei cittadini svizzeri. Non è da escludere però neppure un effetto compensativo, in quanto “i frontalieri italiani sono da sempre la manodopera di riserva a quella autoctona, considerando il problema demografico che affligge la Svizzera”.
È d’accordo Marco Contessa, responsabile nazionale dei frontalieri della Cisl, che però precisa: “La politica fiscale imposta da Trump alla Svizzera peserebbe ulteriormente sul settore industriale, che ha maggiore contatti con gli Stati Uniti e che in Canton Ticino sta già vivendo un periodo di crisi. Meno esposti, invece, i settori in cui sono maggiormente impiegati i frontalieri italiani, da quello turistico-alberghiero a quello finanziario, passando per sanità e commercio”. “I primi a essere preoccupati dovrebbero essere i lavoratori svizzeri – spiega ancora Contessa – I frontalieri, invece, potrebbero risentire di un effetto domino. Se gli svizzeri perdono il lavoro, potrebbero cercare nuove alternative nei settori in cui tradizionalmente sono impiegati i lavoratori italiani”.
Non vuole creare allarmismo il senatore del Partito Democratico Alessandro Alfieri, da sempre vicino al tema del frontalierato, secondo cui sarebbe “prematuro tracciare un bilancio”, ma non esclude possibili problemi in termini occupazionali. “A risentirne, quindi, potrebbero essere non solo i lavoratori frontalieri. È l’intera economia svizzera a pagarne le conseguenze. Il danno maggiore causato da Trump – conclude il senatore dem – è l’incertezza, che grava sulle Borse e anche sulle scelte degli imprenditori”.
Da Berna le aspettative erano ben altre, sperando in un accordo più vantaggioso, sulla scia di quanto fatto con Ue, Regno Unito e Giappone. Karin Keller-Sutter, presidente della confederazione svizzera, palesa di nuovo il ricorso al lavoro ridotto, il corrispettivo della nostra cassa integrazione per intenderci, che potrebbe essere una soluzione per attutire il colpo. Il governo rossocrociato, intanto, cerca di dialogare con quello a stelle e strisce e prosegue con i negoziati.