L’annunciata chiusura della scuola Corridoni, storica elementare di via Sinigaglia, ha fatto molto rumore nella città di Como. Com’era prevedibile.
L’amministrazione comunale ha comunicato lunedì l’intenzione di chiudere la scuola dal prossimo anno scolastico, 2026/2027 (qui i dettagli). Tra le ipotesi, al posto della Corridoni potrebbe nascere un autosilo, utile all’altrettanto ipotetico nuovo stadio Sinigaglia.
Esiste l’esigenza – innegabile – di razionalizzare e rendere efficiente l’edilizia scolastica di una città. Come ha detto il sindaco di Como Alessandro Rapinese, “l’inverno demografico morde alle caviglie”. Tradotto: si fanno sempre meno figli. Le classi si svuotano. Le scuole di una volta diventano sovradimensionate, gli edifici invecchiano e hanno bisogno di interventi sempre più radicali e costosi per rispettare gli standard di sicurezza. E di decenza, verrebbe da aggiungere.
Tutto vero, tutto giusto. Però, al di là delle comprensibili ragioni amministrative, chiudere una scuola è un atto irreversibile. Triste, se vogliamo. E se è vero che non si amministra con i sentimenti, è altrettanto vero che anche nell’amministrare la cosa pubblica non tutto si può ridurre a calcolo economico. Preservare un servizio, anche se magari non perfettamente efficiente, può avere un senso sociale e culturale che va oltre i conti. Se poi si aggiunge che la Corridoni è una scuola storica della città, e che al suo posto potrebbe nascere non un palasport o uno studentato, ma un – pur utile – autosilo, ecco che digerire la chiusura delle elementari di via Sinigaglia diventa più difficile.
Pro e contro, insomma, che si ritrovano perfettamente nelle decine e decine di commenti che stanno piovendo sui social network.
“Da nonna, se c’è da firmare, fatemi sapere”, scrive una telespettatrice, che vuole salvare la Corridoni. “Anch’io sono nonna, eppure non pretendo che si tengano aperte le scuole per formare classi con solo 6 bambini”, le risponde un’altra utente. E la polarizzazione, tipica del social network, arriva anche qui. Tra chi inorridisce all’idea di “tenere aperti fatiscenti ed inutili edifici scolastici” e chi, al contrario, lancia appelli per salvare la scuola. Chi imputa lo scarso numero di iscrizioni all’incertezza generata da Rapinese, chi mette al primo posto i conti pubblici, apprezzando la razionalizzazione avviata dal Comune.
Anche il decisionismo di Rapinese, sui social, è motivo di scontro. Tra chi lo accusa di arroganza e mancanza di confronto e chi, invece, ne apprezza il polso fermo.
Una cosa è certa: l’anno prossimo la campanella della Corridoni non suonerà più. Tar permettendo, ovviamente.