Ci sono voluti lunghi mesi di trattative (e polemiche) e poi una maratona in consiglio comunale lunga addirittura 12 ore, ma alla fine la giunta milanese guidata dal sindaco Beppe Sala ha raggiunto l’obiettivo che si era prefissata. Lo stadio Meazza, Scala del calcio e simbolo di Milano, è stato venduto. Approvata in consiglio la delibera che sancisce la vendita dell’area a Milan e Inter per 197milioni di euro. Non saranno le ruspe in azione a spazzare via le notti di coppa e i boati che fanno tremare gli spalti, ma è certo che lo stadio San Siro – così come lo conosciamo oggi – cambierà volto. Sarà abbattuto oltre il 90% dell’impianto, mentre sarà conservata soltanto una porzione della Curva Sud.
San Siro, dopo la vendita dello stadio i comitati cittadini sono pronti al ricorso
Un duro colpo per i più nostalgici, che dovranno dire addio alle iconiche travi rosse e alle rampe esterne, solo per citare alcune delle modifiche emerse dalle primissime bozze. Uno stadio, il nuovo San Siro, che sarà in linea con gli standard europei, aperto 365 giorni l’anno, con ampi spazi dedicati alle attività commerciali e turistiche, quindi uffici, negozi, ristoranti e hotel. 71.500 posti, da cronoprogramma dovrebbe essere inaugurato entro il 2031.
Al centro del progetto c’è però anche la riqualificazione di tutta l’area circostante e l’intento è inserire il nuovo impianto in un grande parco. Saranno abbattute, secondo le prime stime, 228mila tonnellate di calcestruzzo, in parte da considerare materiale contaminato, e i costi per la demolizione e lo smaltimento si aggirerebbero intorno ai 126 milioni di euro. Il clima resto teso: la politica è divisa, i Verdi minacciano di dire addio alla maggioranza, i comitati cittadini e ambientalisti annunciano ricorsi e referendum. Lo spiega Roberto Biscardini, membro del Comitato Sì Meazza.