Cattedrale di Como gremita per la celebrazione di chiusura dell’Anno Santo, presieduta dal vescovo di Como, cardinale Oscar Cantoni. La messa è stata trasmessa in diretta su Espansione Tv.
Come indicato nella Bolla di indizione “Spes non confundit”, la chiusura dell’Anno Santo, nelle Chiese particolari, avviene oggi, mentre il Giubileo ordinario terminerà con la chiusura della Porta Santa in San Pietro, in Vaticano, il 6 gennaio. Nella festa della Santa Famiglia, oggi alle 15, – come detto – in Duomo, è stata celebrata la Santa Messa pontificale a conclusione del Giubileo della Speranza.



Ecco alcuni passaggi dell’omelia del cardinale Cantoni.
“È un momento solenne e insieme familiare, di gratitudine e di memoria, per una nuova ripartenza. Il Giubileo del 2025, che oggi concludiamo, è iniziato con l’augurio dell’amato papa Francesco: “La speranza ricolmi il vostro cuore!“. Siamo stati inondati di nuova luce perché ci è stato offerto un tempo di incontro vivo, personale e comunitario, con il Signore Gesù, porta di salvezza, che ci ha permesso di metterci, a nostra volta, nelle condizioni di poter “rianimare la speranza”. In verità, ci troviamo, a causa delle sessanta guerre, presenti nel mondo, per lo più ignorate, dei disastri naturali, del prevalere della povertà, della violenza e di tante ingiustizie, delle prepotenze dei potenti, in un momento storico in cui l’umanità sembra rassegnata al male, con una forte tentazione alla disperazione. Il buio sembra talmente grande che c’è chi vive ormai scoraggiato e deluso. Non pochi tra i nostri contemporanei hanno rinunciato a lottare per cambiare il mondo e la storia. Vedendo che i problemi non si risolvono, molti si sono rifugiati nel privato, nell’individualismo, favorendo una conseguente anemia della speranza. Anche non pochi cristiani sono stati tentati, in questo periodo, di affermare che ormai è inutile “pensare alla grande”, cambiare il mondo e la storia, sognare vie alternative e questo, purtroppo, anche da parte di molti giovani, che non vedono roseo il loro futuro. Dentro questo contesto storico, l’invito del Papa è giunto a noi cristiani come una vera e forte provocazione. Se nelle nostre società si avverte quasi un tramonto della speranza, come cristiani abbiamo avuto piuttosto il preciso mandato di accogliere questa grande sfida: irradiare la luce della speranza, frutto della esperienza viva dell’amore di Dio, che suscita nel cuore la speranza certa della salvezza in Cristo Gesù, morto e risorto…Per la verità è consolante che, come frutto dei vari pellegrinaggi, abbiamo riscoperto la presenza nei nostri ambienti di molti luoghi di speranza. Ricordo quanti in questi mesi si sono prodigati per i tanti fratelli e sorelle che vivono in situazioni di disagio, quanti si sono adoperati perché i nostri fratelli reclusi potessero vivere in condizioni più dignitose. Segni di speranza hanno offerto ai malati, agli anziani, alle persone fragili gli operatori sanitari e quanti si sono dedicati al volontariato. Non è mancato il servizio ai migranti, ai profughi, ai senza fissa dimora, alle persone che hanno perso il lavoro e alle famiglie povere. Sono segni di speranza anche quanti, con un linguaggio semplice e comprensibile a tutti, hanno fatto emergere le ragioni della speranza là dove erano più percettibili i segni di scoraggiamento, di tristezza e di rassegnazione, là dove la speranza è stata perduta, annunciando Cristo Gesù. Con Lui la gioia fiorisce, la vita cambia, con Lui la speranza non delude… Al termine di questo Anno santo, per continuare sulla scia di questo tempo privilegiato, vorrei che ci aiutassimo a fare nostre le consegne che papa Leone ha lasciato nel suo incontro con i vescovi italiani, il 17 giugno scorso. Egli ha incoraggiato ogni Comunità (parrocchie, vicariati, associazioni, movimenti e gruppi) a diventare “una casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono”. “La pace, prosegue il Papa, non è una utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa”. Non si tratta solamente di una pia esortazione, ma è un compito obbligante impegnarsi in prima persona e come comunità alla cultura della pace, se non si vuole ridurre a un nostalgico ricordo ciò che insieme abbiamo vissuto e condiviso nel corso di questo Anno Santo. La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi! … La casa di Nazareth, dimora di Gesù fanciullo con Maria e Giuseppe, diventi il modello del nostro vivere insieme, per crescere nell’unità, mediante relazioni rispettose e serene da parte di ciascuno, sperimentando insieme e in armonia la forza rinnovatrice del Vangelo”.
Al termine della messa, il delegato diocesano per il Giubileo, don Cesare Bianchi, ha espresso un messaggio di ringraziamento al cardinale Cantoni e a tutti coloro che hanno collaborato per la buona riuscita del percorso di questo anno giubilare. “Che l’esperienza di fede vissuta in questo Anno Santo – ha concluso don Cesare Bianchi – produca frutti abbondanti di grazia, di bene, di comunione, di consolazione e di pace”.





