Chiusura della scuola “Corridoni” di Como. Al no delle famiglie, delle associazioni e della politica, si somma quello dei sindacati. Cgil, Cisl e Uil esprimono la loro forte contrarietà.
“L’inverno demografico sarebbe la motivazione che spinge ufficialmente l’amministrazione comunale a prendere la decisione – scrivono in una nota – ma i comaschi sono consapevoli dell’importante interesse immobiliare esistente sullo stabile in zona stadio, zona che sarà coinvolta nel progetto di realizzazione della nuova struttura sportiva”. Il riferimento è all’ipotesi della realizzazione di un autosilo, quindi un futuro fatto di auto al posto dei banchi. “A quanto pare, l’amministrazione comunale sta già ragionando di costruire un autosilo al posto della scuola – dicono ancora i sindacati -. Sul plesso Corridoni sono state investite risorse pubbliche del PNRR espressamente collegate all’istituzione scolastica, possibile che gli interessi economici delle società sportive e degli immobiliaristi stiano prevalendo sui servizi pubblici per i cittadini e sull’investimento nel loro futuro? Come organizzazioni sindacali esprimiamo il nostro disaccordo su tutta la linea: non siamo d’accordo né sul metodo né nel merito”. Per questo si torna a chiedere un tavolo di confronto per aprire spazi di dialogo.
Nel piano di razionalizzazione delle scuole di Como oltre alla novità recentemente annunciata che riguarda, appunto, la “Corridoni”, si confermano le chiusure – sempre dall’anno scolastico 2026-2027 – dell’infanzia di via Salita Cappuccini e della primaria di Ponte Chiasso già comunicate nei mesi scorsi.
E proprio sullo stop di Ponte Chiasso interviene – con un’accorata lettera inviata alla redazione – una ex insegnante ora in pensione Maria Emilia Fortunati. “Apprendo con amarezza che chiuderà. La motivazione? I “numeri” scrive. “Ma un bambino non è un numero. Un piccolo gruppo classe, in un contesto periferico spesso fragile, come quello di Ponte Chiasso, non è uno spreco: è una risorsa. La scuola – aggiunge l’ex docente – è un presidio, un’agenzia educativa che tiene in piedi un territorio. E oggi quel presidio viene smantellato. Ciò che rattrista ancora di più è che tra i membri della Giunta vi sono persone che conoscono bene il quartiere, che sanno cosa significa privarlo di una scuola, e che pure accettano questa scelta senza opporsi”. Il riferimento è, con ogni probabilità, proprio all’assessore alle politiche educative e vicesindaco, Nicoletta Roperto.
La ex insegnante solleva poi un’altra questione: “soluzioni alternative erano state proposte: l’unificazione della scuola dell’Infanzia con la Primaria di Ponte Chiasso in spazi che esistono e che avrebbero permesso continuità educativa, risparmio e valorizzazione. Ma questa proposta – dice – non è mai stata presa in considerazione”. L’accorato appello si chiude con un’amara riflessione. “Risparmiare si può, ma non sempre tagliando. Non possiamo permettere che un quartiere diventi un deserto educativo”.
La lettera integrale:
Sono un’ex insegnante ora in pensione. Ho lavorato per anni in una delle scuole che l’Amministrazione ha deciso di chiudere, una scuola di periferia che conosco bene, non solo come edificio, ma come realtà viva, quotidiana, comunitaria. In quella scuola ho visto crescere bambini di ogni provenienza, religione, condizione sociale. Ho visto il valore dell’inclusione diventare prassi quotidiana. Ho visto insegnanti lavorare con dedizione, affrontare difficoltà e trasformarle in opportunità educative. Oggi apprendo con amarezza che la scuola chiuderà. La motivazione? I “numeri”.
Ma un bambino non è un numero. Un piccolo gruppo classe, in un contesto periferico spesso fragile, come quello di Ponte Chiasso, non è uno spreco: è una risorsa. È proprio quando i numeri sono piccoli che si può lavorare meglio, intervenire in modo mirato, costruire relazioni autentiche, creare comunità. Non intendo ribadire – perché sono certa che voi lo sappiate già – il valore educativo e sociale di una scuola come quella. La scuola è un presidio, un’agenzia educativa che tiene in piedi un territorio. E oggi quel presidio viene smantellato. Ciò che rattrista ancora di più è che tra i membri della Giunta vi sono persone che conoscono bene il quartiere, che sanno cosa significa privarlo di una scuola, e che pure accettano questa scelta senza opporsi.
Nel quartiere stanno chiudendo anche altre realtà educative e aggregative: associazioni sportive, centri di incontro. E la scuola, invece di essere un punto di partenza per ricostruire, viene chiusa. Eppure, soluzioni alternative erano state proposte: l’unificazione della scuola dell’Infanzia con la Primaria di Ponte Chiasso in spazi che esistono e che avrebbero permesso continuità educativa, risparmio e valorizzazione. Ma questa proposta non è mai stata presa in considerazione. Non ne è stata nemmeno data una spiegazione.
Mi chiedo allora: perché?
Perché si preferisce chiudere piuttosto che investire?
Perché spostare bambini come se fossero pacchi da redistribuire?
Perché ignorare le proposte nate da chi conosce il territorio e lo vive ogni giorno?
Risparmiare si può, ma non sempre tagliando. Si può risparmiare con intelligenza, con lungimiranza, con ascolto. Non possiamo permettere che un quartiere diventi un deserto educativo. Non possiamo abituarci all’idea che chi nasce in periferia abbia meno diritti. Chi ha lavorato nella scuola sa che un bambino accolto, seguito, valorizzato, è un cittadino migliore. Non solo per se stesso, ma per tutti.
Mi auguro che questa lettera non venga letta come una sterile protesta, ma come un grido di responsabilità e affetto per una scuola che ha dato tanto e avrebbe ancora tanto da dare.
Con rispetto,
Maria Emilia Fortunati Insegnante in pensione