Tassa sulla salute per i vecchi frontalieri, è un dibattito senza fine – almeno per il momento – quello che riguarda una buona parte dei lavoratori che ogni giorno varca il confine. Regione Lombardia, vale la pena ricordarlo, ha confermato l’applicazione della tassa sulla salute per i vecchi frontalieri, mentre i sindacati ribadiscono la contrarietà all’introduzione dell’imposta, che determina, tra l’altro, la doppia imposizione sui redditi da lavoro dipendente. E sono proprio i lavoratori, ora, a prendere la parola. Lo hanno fatto lo scorso venerdì, a Como, quando si sono riuniti i consigli sindacali interregionali italo-svizzeri delle sei organizzazioni sindacali per discutere dello stato di avanzamento della famigerata – e già odiata – tassa sulla salute.
Vecchi frontalieri e tassa sulla salute, l’appello dei sindacati
L’appello dei sindacati è chiaro: auspicano, in particolare, che i ministeri della Salute e dell’Economia non procedano con la definizione del decreto attuativo di fronte a quella che definiscono “un’incertezza normativa e di efficacia del provvedimento”. La tassa sulla salute, almeno nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe scoraggiare l’esodo in Svizzera del personale sanitario. I sindacati però non ci stanno e sono pronti a passare per le vie legali. In particolare, come si legge nella nota ufficiale, se l’iter ministeriale non venisse fermato e, quindi, la tassa sulla salute trovasse concreta applicazione, le organizzazioni sindacali sono pronte a fare ricorso al Tribunale ordinario, “per porre la questione degli evidenti profili d’incostituzionalità alla Corte Costituzionale”.
I sindacati, inoltre, ritengono che l’ultimo (e unico) incontro con Regione Lombardia, quello dello scorso luglio, sia stato insufficiente a definire, nell’interesse dei lavoratori, il quadro entro cui l’eventuale applicazione si muoverebbe. In particolare, lo ricordiamo, in occasione dell’incontro dello scorso luglio, Regione ha confermato la sua posizione, cioè procedere nei termini tracciati dalla norma di legge, e ha respinto la proposta dei sindacati volta a trasformare la tassa in contributo volontario. A tutto ciò si è aggiunto l’annuncio generico della disponibilità da parte di Regione Lombardia a garantire fino al 30% del gettito derivante dall’applicazione da destinare a un non meglio specificato sistema di welfare di frontiera.
A complicare la situazione anche i contenziosi sulle questioni di carattere interpretativo emersi nelle ultime settimane. Tra loro, quelle che riguardano la garanzia dei trattamenti sanitari dei frontalieri dentro e fuori la fascia dei 20 chilometri, nonché i pensionati frontalieri a cui viene richiesto il pagamento del trattamento sanitario essenziale.
Un quadro caotico, quindi, che spinge i sindacati a proporre un nuovo confronto con Regione Lombardia, a cui chiedono di farsi parte attiva affinché il Governo fermi l’iter di attuazione della tassa e ascolti le esigenze dei lavoratori frontalieri. Per questo, si attendono risposte entro il prossimo mese. O almeno si spera. Le organizzazioni sindacali, si legge infatti a conclusione della nota, “propongono la definizione della campagna di assemblee territoriali entro ottobre”.