Incertezza e preoccupazione per i pendolari che si apprestano a tornare a lavoro. Il 4 maggio si avvicina e tra chi deve fare i conti con la ripartenza, seppur in maniera graduale, c’è chi si sposta in treno. «Siamo ovviamente in tensione – dice Ettore Maroni, portavoce dei pendolari comaschi – perché ad oggi ci sembra che non ci siano indicazioni precise o piani dettagliati per gestire questa ripresa degli spostamenti in assoluta sicurezza». Le ultime informazioni parlano di una necessaria riduzione dei posti a disposizione. «Mi domando però come sia possibile. Capisco e comprendo le ragioni di allerta sanitaria ma se già prima del lockdown, con i treni in servizio al 100% i pendolari erano stretti nei vagoni e spesso non si riusciva a salire, come si farà in futuro?» aggiunge Maroni che si riferisce proprio alle ultime dichiarazioni, di pochi giorni fa, arrivate da Trenord. «Per garantire la sicurezza e il distanziamento richiesto dalle misure antiCovid – diceva l’amministratore delegato Marco Piuri – non si potrà trasportare più del 30-40% dei passeggeri che trasportavamo prima dell’emergenza Coronavirus. E questa utenza dovrà essere spalmata nell’arco della giornata». In conclusione non sarà più possibile dunque arrivare in stazione all’ultimo minuto e salire sul treno. Parole assolutamente corrette «sotto il profilo della sicurezza sanitaria ma che andrebbero però tradotte in misure e comportamenti concreti per consentire a noi pendolari di organizzarci – replica Maroni – Come faccio a sapere se riuscirò a salire su un treno? e poi chi controllerà che vengano effettivamente rispettate le regole? Insomma ci sembra tutto ancora molto confuso e al 4 maggio non mancano molti giorni», conclude il portavoce dei pendolari comaschi.
Lo stesso governatore lombardo, Attilio Fontana, in serata è intervenuto sul tema. «Si deve intervenire e organizzare il lavoro di chi rientra in modo che non tutti abbiano lo stesso orario di inizio ma che questo sia dilazionato in diversi momenti della giornata – ha detto – e magari non su 5 ma su 6 o 7 giorni. Dobbiamo fare in modo – ha concluso – che sui mezzi pubblici spontaneamente ci sia un numero di viaggiatori che non mette in pericolo la sicurezza delle persone».