“Nonostante l’aumento dei fondi pubblici destinati alle Rsa, le famiglie lombarde continuano a pagare rette insostenibili”. È la denuncia che arriva da CGIL, CISL e UIL Lombardia, che puntano il dito contro l’ennesimo intervento da loror ritenuto “a senso unico” della Regione.
Con l’ultima delibera di Giunta, Palazzo Lombardia ha stanziato nuove risorse –200 milioni di euro in più ogni anno rispetto a quattro anni fa– per far fronte all’aumento dei costi, in particolare legati ai rinnovi contrattuali nel settore sociosanitario. Un provvedimento che, secondo i sindacati, continua a favorire gli enti gestori delle strutture, lasciando però scoperte le famiglie.
«Le rette hanno ormai superato i 2.000 euro al mese e non ci sono vincoli reali sull’adeguamento dei costi – affermano Monica Vangi (CGIL), Roberta Vaia (CISL) e Salvatore Monteduro (UIL) – Le strutture ricevono fondi pubblici, ma a pagare sono sempre i cittadini».
I sindacati chiedono alla Regione un intervento strutturale, che vincoli l’uso delle risorse pubbliche a tre priorità: blocco dei rincari, valorizzazione del lavoro di cura e revisione degli standard assistenziali. «È ora di introdurre un sistema di condizionalità – aggiungono – che impedisca di scaricare i costi sulle famiglie mentre le Rsa ricevono fondi aggiuntivi».
CGIL, CISL e UIL si dicono pronte a collaborare per una riforma vera del sistema, che garantisca equità e accessibilità, valorizzando il ruolo sociale ed economico della cura e contrastando la deriva privatistica che colpisce le fasce più fragili della popolazione.