Il territorio lariano è in piena emergenza occupazionale e sociale. A lanciare l’allarme è la Uil, che punta il dito contro precarietà lavorativa, salari troppo bassi e affitti ormai fuori controllo. “Serve un nuovo patto territoriale – avverte il coordinatore Uil Lario, Dario Esposito – con contratti giusti e dignitosi. Così non si regge”.
I numeri della 24ª Giornata dell’Economia
I numeri emersi dalla 24ª Giornata dell’Economia confermano il trend negativo. Ogni giorno oltre 114mila persone, tra cui 30mila frontalieri, lasciano Como e Lecco per lavorare altrove. Solo 77.600 entrano. Il saldo è negativo per più di 36mila unità. Eppure le imprese cercano: nel 2024 il 55% delle aziende lariane ha segnalato difficoltà a trovare personale, in netto aumento rispetto al 45% del 2023.
“Non è il lavoro che manca – denuncia Esposito – ma è la qualità a essere troppo bassa. Precarietà, part-time involontario e stipendi insufficienti stanno svuotando il territorio”. Il fenomeno riguarda soprattutto le categorie più fragili: donne e giovani, costretti ad accettare contratti discontinui, spesso non scelti ma imposti da un sistema che non garantisce servizi di supporto come il welfare familiare.
Quasi metà dello stipendio se ne va solo per l’alloggio
Tra il 2022 e il 2025, il part-time involontario è cresciuto costantemente. In Italia, nel 2024, ha superato quota 3 milioni. Ma il dato più drammatico riguarda la retribuzione media annua lorda a Como: ferma a 24.245 euro, terzultima in Lombardia. Un valore che stride con il peso degli affitti: Como è quarta in Italia per incidenza dell’abitare sul reddito familiare. Quasi metà dello stipendio se ne va solo per l’alloggio.
La Uil Lombardia ha già scritto ai sindaci delle province lombarde e al presidente della Regione, Attilio Fontana, chiedendo un rilancio della contrattazione di secondo livello con accordi regionali. Un primo segnale arriva dal gruppo consiliare di Fratelli d’Italia, che ha presentato una mozione per una proposta di legge in tal senso.
“Il nostro tessuto produttivo è fatto di piccole imprese – conclude Esposito – troppo piccole per una contrattazione aziendale ma non troppo per garantire dignità. È sul territorio e nelle filiere che i contratti devono tornare a essere strumenti vivi. Serve qualità del lavoro, non solo flessibilità e profitto. Altrimenti, il conto sociale lo pagheremo tutti”.