“I care, il motto che significa mi sta a cuore, mi interessa, me ne prendo cura, me ne assumo la responsabilità, dovrebbe diventare il nostro motto. Ogni uomo dovrebbe essere un nostro problema, quindi anche la sorte di colui che delinque, soprattutto se fuorviato da una malattia mentale o irrimediabilmente condizionato da un vissuto violento, di deprivazione affettiva, marginalità ed esclusione”.
Pochi giorni dopo la sentenza della Corte d’Assise di Como, che ha condannato Ridha Mahmoudi all’ergastolo per omicidio volontario premeditato per l’uccisione, il 15 settembre 2020, in piazza San Rocco di don Roberto Malgesini, l’avvocato difensore del tunisino Sonia Bova scrive una lettera aperta ai cittadini di Como e non solo.
Un lungo testo in cui chiede di fatto comprensione per il suo assistito, citando passi delle Sacre Scritture ma anche il Papa e lo stesso don Roberto e il suo testamento spirituale. In aula, durante il processo, Sonia Bova aveva invocato l’assoluzione per Mahmoudi, definendolo incapace di intendere e di volere. Una tesi non accolta dalla Corte, che, come sostenuto dall’accusa, ha ritenuto il tunisino imputabile e lo ha condannato al carcere a vita.
Il legale difensore ha già annunciato ricorso contro la sentenza, non appena saranno depositate le motivazioni della Corte.