“Il ponte è crollato attorno alle 11.40. Alle 14 eravamo in viaggio verso Genova”.
E’ il racconto di Marco Maspero, 31enne di San Fermo della Battaglia, soccorritore volontario della Croce Rossa, abilitato nelle operazioni con mezzi e tecniche speciali.
I volontari come lui possono lavorare fianco a fianco con i vigili del fuoco, in scenari catastrofici e problematici, nella ricerca dei dispersi.
Ed è quel che il comasco ha fatto martedì, dopo il crollo del ponte Morandi. “Abbiamo ricevuto l’allerta attorno a mezzogiorno – ricorda – alla una ho chiesto il permesso al lavoro, siamo partiti di corsa e alle 14 ero a Bresso, con gli altri colleghi della Lombardia. Attorno alle 16 eravamo a Genova”.
Maspero si trova di fronte a uno scenario apocalittico. “Lo vedevi da lontano – dice – questo gigante di cemento a cui mancava una grande porzione. Avevamo visto la scena nelle immagini, ma il colpo d’occhio dal vivo era impressionante. Lo si vedeva da chilometri di distanza”.
Non c’è tempo per lo smarrimento: Maspero inizia a lavorare per recuperare i corpi senza vita di chi è rimasto sepolto nel crollo. “Lo scenario era drammatico e la situazione piuttosto concitata, nonostante i vigili del fuoco la gestissero con molta professionalità. Siamo intervenuti nella zona del crollo vicina alla ferrovia. Io e i miei colleghi abbiamo estratto sette corpi dalle macerie. Purtroppo era quasi impossibile, a quel punto, trovare sopravvissuti”.
Maspero ha lavorato trenta ore filate tra le macerie del ponte Morandi, dormendo a turno con i colleghi un paio d’ore per recuperare le forze. Forze fisiche ma anche psicologiche. “Un’esperienza che mi ha messo alla prova”, conclude il soccorritore comasco.
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