Giangiacomo Schiavi, già capocronista e vicedirettore del Corriere della Sera, dove è editorialista e titolare della rubrica di lettere “Noi cittadini”, ha dedicato molto del suo lavoro di inchiesta ai temi della medicina e della salute in senso lato, sempre legandoli a storie ed esperienze di vita. Da “Sani per scelta” scritto con Edoardo Boncinelli, a “Controvento”, in cui racconta il coraggio di Ambrogio Fogar nell’affrontare la paralisi, fino ai saggi “Ancora giovani per essere vecchi” e “Medici umani, pazienti guerrieri” scritto nel 2008 con il luminare dell’oncologia Gianni Bonadonna e ancora di estrema attualità. Vi si auspica la diffusione di una medicina che metta al centro l’assistenza e la cura dei malati.
Una cura che è passata in secondo piano da quando si è privilegiata la dimensione tecnica dei futuri medici, a scapito degli aspetti umani della professione. Ora, con “Il mistero della Notte. Una diagnosi per Michelangelo” (La Nave di Teseo), che l’autore presenta a Parolario in un incontro in streaming in programma domani alle 11.30, Giangiacomo Schiavi torna su quegli argomenti, tracciando un memoir dedicato proprio a Gianni Bonadonna, figura apicale della cura del tumore al seno e pioniere, con Umberto Veronesi, delle cure antitumorali in Italia e nel mondo.
L’approccio alla vita di questo straordinario uomo di medicina avviene attraverso un episodio particolare della sua vita e che Giangiacomo Schiavi ripercorre nelle pagine del libro.
Un libro che è difficile da definire per genere, poiché intreccia vissuti personali, storia della ricerca medica, critica d’arte e filosofia.
Alla vigilia di un convegno di studi che chiude la sua carriera, un professore (che si scoprirà poi essere Gianni Bonadonna) decide di affrontare la sfida che lo appassiona da decenni, da quando si è imbattuto nella statua marmorea della Notte di Michelangelo nelle Tombe Medicee a Firenze.
La donna che raffigura l’allegoria della Notte presenta un’anomalia: il seno sinistro ha una irregolarità, un rigonfiamento anomalo a livello dell’areola che dà alla figura un aspetto inconsueto, vista la perfezione che le statue di Michelangelo incarnano. In una lunga notte, tra sogni e ricordi, il medico tira le fila della sua ossessione, passando in rassegna le testimonianze raccolte in un’intera vita da psicologi, critici d’arte, chirurghi, filosofi, archeologi e oncologi.
Ognuno dà la propria interpretazione non limitandosi – e qui sta il valore aggiunto del racconto – a una diagnosi tecnica ma andando al cuore della propria professione e, soprattutto nel caso di medici e scienziati, mettendo a nudo i dubbi, i pensieri più profondi, le domande rimaste senza risposta.
«Ogni donna con carcinoma può riconoscersi nella Notte», scrive Schiavi, e forse la modella che posò per il genio era inconsapevolmente malata o forse cela il dolore in quel volto che non si mostra direttamente all’osservatore, o forse l’imperfezione di quel seno non ha a che fare con la malattia e il voler trarre una diagnosi da una scultura è una delle derive della moda della cosiddetta “iconodiagnostica”.
Resta il fatto che quella statua ci interroga e ci spinge a indagare le nostre paure, il nostro lato più fragile e imperfetto. Ma, insieme, è anche un messaggio di speranza: un tumore non è una vergogna da nascondere.
E la malattia non è solo quella vista nelle tantissime donne che Bonadonna ha curato ma è anche quella che gli è toccata nel pieno della sua vita umana e professionale, quando viene colpito da un ictus.
Dovrà ricominciare a lottare con più forza e con più coraggio, doti che non gli sono mai mancate e che sono di esempio per tutti.