(ANSA) – BOLOGNA, 30 MAG – La Cassazione ha confermato gran parte delle sentenze di condanna per i componenti di un’organizzazione accusata di gestire lo spaccio in zona Pilastro a Bologna, reati commessi tra il 2019 e il 2020. Gli imputati erano rimasti in 14 e tra loro erano coinvolte anche persone della famiglia, di origine tunisina, alla quale, durante la campagna elettorale per le Regionali del 2020 in Emilia-Romagna, citofonò Matteo Salvini, chiedendo se in casa c’era uno spacciatore e scatenando polemiche. L’indagine era stata coordinata dai pm Roberto Ceroni e Marco Imperato ed era partita dall’omicidio di Nicola Rinaldi, ucciso nell’agosto 2019 in via Frati: alcuni suoi familiari erano stati coinvolti nell’inchiesta e nel processo. In abbreviato, in primo grado, il gup Sandro Pecorella aveva condannato 21 persone, con pene fino a 14 anni. In appello c’erano state alcune riduzioni di pena e ieri la Cassazione si è pronunciata su 14 imputati, confermando l’accusa di associazione dedita al narcotraffico per tutti quelli a cui era contestata, tranne che per uno. Si tratta di un albanese assistito dagli avvocati Simone Romano e Roberto Filocamo, condannato in secondo grado a otto anni, dieci mesi e 20 giorni. Per lui i supremi giudici, Quarta sezione penale, hanno annullato con rinvio ad un appello bis in relazione al ritenuto ruolo di promotore dell’associazione, che la difesa aveva contestato. Un secondo giudizio di appello è stato disposto anche per altri tre imputati, per uno limitatamente ad un capo di imputazione e per due sulla continuazione tra i reati. (ANSA).