L’imprevisto geologico, lo “spacchettamento” dei lavori, i presunti danni e ingiusti profitti legati a pagamenti e stop del cantiere. Le motivazioni della sentenza di secondo grado del processo paratie, pronunciata il 13 gennaio scorso a Milano, entrano nel dettaglio dei presunti reati legati alle paratie di Como. Spiegano perché la Corte d’Appello di Milano, quarta sezione penale, ha assolto tutti gli imputati per le accuse di irregolarità nella gestione dei lavori della maxi opera.
In secondo grado, sono state cancellate tutte le accuse legate al cantiere delle paratie. Assolti l’ex sindaco Mario Lucini e gli ex dirigenti comunali Antonella Petrocelli, Antonio Ferro, Antonietta Marciano e Antonio Viola. Per il capitolo paratie assoluzione anche per Pietro Gilardoni.
Lo spacchettamento
Le motivazioni della sentenza confermano i presunti comportamenti illeciti legati allo “spacchettamento” dei lavori. Per questi reati però nel frattempo è intervenuta la prescrizione. “Il frazionamento delle prestazioni – scrivono i giudici milanesi – è stato il mezzo che ha consentito agli imputati di eludere la procedura di evidenza pubblica richiesta dalle norme per l’affidamento dei servizi di progettazione della terza variante”. “Non è possibile pronunciare sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto”, si legge ancora nel documento. I reati sono però estinti per prescrizione.
La sorpresa geologica
Tra gli elementi al centro del lungo procedimento giudiziario aperto sui lavori delle paratie anche la cosiddetta “sorpresa geologica”. Elemento che avrebbe spinto la giunta dell’allora sindaco Mario Lucini a modificare radicalmente il progetto. I presunti comportamenti illeciti non sono stati riconosciuti in Appello. Le diverse perizie, relazioni e analisi, secondo la Corte d’Appello, sono sfociate in “conclusioni eterogenee e differenti l’una dall’altra”. Impossibile dunque secondo i giudici una decisione diversa dall’assoluzione degli imputati.
I pagamenti
Per i presunti pagamenti illeciti a Sacaim, l’azienda che inizialmente si era aggiudicata il cantiere, secondo i giudici d’Appello non c’è “né danno né ingiusto profitto”, perché “tutte le opere pagate erano state effettivamente eseguite e ciò nonostante i lavori fossero sospesi dal dicembre 2012”.