(ANSA) – CATANIA, 04 GIU – "A nome di Santo chiediamo alle Istituzioni giustizia, certezza della pena e azioni immediate per la sicurezza di tutti i cittadini, che non ha colore né zone politiche". Lo ha detto, tra le lacrime, leggendo un messaggio ai funerali di Santo Re, la sorella del pasticciere trentenne del noto bar Quaranta ucciso a coltellate il 30 maggio scorso nel lungomare Ognina. Per il delitto è in carcere un 37enne posteggiare abusivo, originario dello Zimbabwe, Akhabue Innocent, che si faceva chiamare John Obama. Le esequie sono state celebrate nella Cattedrale dall’arcivescovo Luigi Renna. Alla conclusione della lettura del messaggio è scattato un intenso e prolungato applauso dai numerosi presenti in chiesa. "Scusa – ha detto la sorella di Santo Re, non riuscendo a trattenere la commozione e le lacrime – perché non siamo riusciti a proteggerti, eri il piccolo di casa. Quel giorno sei venuto da me sanguinante, chiedendomi aiuto. Scusa, se non sono riuscita a salvarti. Scusa, perché tu eri troppo buono e non sei riuscito a difenderti. Scusa, perché non potrai vedere crescere tua figlia e cantare le tue canzoni preferite. Oggi siamo qui tutti insieme a te, siamo nella tua amata Sant’Agata con il tuo ‘sacco’ e la tua ‘medaglietta’ e siamo certi che lei ti accoglierà e proteggerà". Prima di concludere il suo messaggio, la sorella di Santo Re, ha "ringraziato i medici e tutto il personale dell’ospedale Cannizzaro accorsi numerosi nel disperato tentativo di salvare Santo, le forze dell’ordine e chi, con un messaggio o un gesto, c’è stato vicino in questi dolorosi giorni". "Ciao Santo – ha concluso – ti amiamo tutti quanti, fai buon viaggio". Nell’omelia mons. Renna ha sottolineato che "accanto a Santo e ai suoi familiari oggi tutta Catania soffre, riflette e non vuole perdere la speranza". "Santo era un uomo onesto – ha aggiunto – perché chi lavora lo è. Sapeva aiutare, aveva spesso donato qualcosa a chi l’ha ucciso. Santo era un uomo disarmato, in una città che delle armi ne fa un idolo, non per difendersi, ma per attaccare. Quando si è onesti non si porta un’arma in tasca. La città deve risorgere non con la vendetta, ma credendo nella legalità". (ANSA).