Diciamolo subito: nessun comasco, probabilmente, avrebbe mai scommesso un centesimo sulla costruzione del secondo lotto della Tangenziale di Como.
Anni di promesse, di generose dichiarazioni d’intenti. Mai un centimetro d’asfalto. Non solo: mai un euro di finanziamento.
Perché il secondo lotto costa tanto, costa troppo. Ottocento milioni di euro per una galleria lunga 6 chilometri, dallo svincolo di Acquanegra ad Albese con Cassano.
Oggi, però, quel progetto scompare pure dal libro dei sogni.
Non solo perché la politica, comprensibilmente, evita ormai di snocciolare nuove promesse inattendibili. Ma soprattutto perché la burocrazia sembra scrivere la parola “fine” sull’opera.
Per costruire una tangenziale bisogna attraversare terreni pubblici e privati. Che, per essere espropriati, vanno prima vincolati.
Il vincolo, dice la legge, dura cinque anni e può essere rinnovato: ecco, quel vincolo non è stato più rinnovato. I terreni sono svincolati. I rispettivi proprietari possono utilizzarli come meglio credono.
Se non è una pietra tombale, poco ci manca. Del secondo lotto della Tangenziale di Como resta giusto un piccolo paragrafo sul sito di Pedemontana. Che ora suona come un epitaffio.