“Purtroppo nella vita e nei paesi della Brianza, ci sono degli equilibri che vanno oltre il lavoro della sicurezza perché dietro al lavoro della sicurezza nei nostri paesi qua c’è sempre qualcuno dietro, ok?”.
La sorveglianza e i servizi di sicurezza nei locali più frequentati della movida brianzola erano uno dei settori sui quali più si concentrava il controllo della ‘ndrangheta, secondo quanto emerso dalla nuova indagine dell’Antimafia sfociata ieri in 22 misure cautelari. Nel 2017, una prima operazione coordinata dalla direzione distrettuale antimafia aveva portato allo scoperto il controllo della malavita organizzata sui locali di Cantù. In primo grado, i nove imputati nel processo sono stati condannati complessivamente a oltre un secolo.
La prima ondata di arresti però, secondo quanto emerso nella nuova ordinanza di ieri, non sarebbe bastata a frenare l’attività delle persone legate alla malavita organizzata, che anzi si sarebbero addirittura preoccupati di “mandare un regalo ogni mese agli amici che purtroppo non ci sono più a lavorare con noi”.
Uno dei più brutali pestaggi in una discoteca di Cantù finito nella nuova inchiesta dei carabinieri della Città del Mobile è avvenuto solo pochi mesi dopo gli arresti del 2017. Il controllo della malavita, per l’Antimafia era esercitato imponendo gli addetti alla sicurezza e i buttafuori, che all’occorrenza diventavano picchiatori. “Chiamo il direttore del locale e gli dico: Non ti permettere di far venire un altro di Milano a lavorare dove ci siamo noi, perché tu il venerdì apri, il sabato sera veniamo noi, ti tiro giù tutta la sicurezza e tutti i buttafuori e chiudi”, è un’altra delle frasi emblematiche intercettata dagli inquirenti e sfociata nella nuova, doppia operazione dei carabinieri di Monza e Cantù, sempre coordinati dalla direzione distrettuale Antimafia di Milano.