Confermata per la seconda volta la condanna a 30 anni di Laura Taroni, l’infermiera comasca dell’ospedale di Saronno accusata di aver somministrato cocktail di farmaci letali a suo marito Massimo Guerra, nel 2013, e a sua madre Maria Rita Clerici, nel 2014. La sentenza è stata pronunciata oggi in Corte d’Appello a Milano nel cosiddetto processo bis, avviato dopo che la Cassazione aveva annullato la sentenza del primo processo d’Appello per la mancanza di alcune pagine delle motivazioni della sentenza.
Nell’udienza di oggi, prima che i giudici entrassero in camera di consiglio, è stata letta una lettera inviata dal carcere dalla stessa Taroni. “Ho ritrovato la donna che ero e la madre che voglio essere – ha scritto – nessuno meglio di me crede nella finalità rieducativa della pena, in carcere ho ritrovato serenità, penso ai miei figli e alla possibilità di riabbracciarli”.
L’accusa aveva chiesto la conferma della condanna a 30 anni per Taroni e oggi ha ribadito che anche l’ultima perizia psichiatrica ha escluso che la donna sia affetta da patologie psichiatriche e inferma di mente. I giudici hanno nuovamente accolto la richiesta dell’accusa.
Taroni, difesa dagli avvocati Cataldo Intrieri e Monica Alberti, secondo le indagini, avrebbe commesso i due omicidi nell’ambito della sua relazione “criminosa e sentimentale” con l’ex vice primario del pronto soccorso di Saronno Leonardo Cazzaniga, condannato all’ergastolo in primo grado in un altro processo per aver accelerato la morte di 12 pazienti.