Esiste un collegamento diretto tra picchi di inquinamento atmosferico e malattie cardiovascolari.
A conferma di un’ipotesi che medici e specialisti sostengono da tempo, ora ci sono anche i numeri. Dati inequivocabili, raccolti proprio a Como e confluiti in uno studio che sarà pubblicato su una rivista internazionale di cardiologia.
I dati sono stati raccolti dallo specialista del Sant’Anna Simone Vidale. L’analisi è il risultato di una stretta collaborazione tra i reparti di cardiologia e neurologia degli ospedali Sant’Anna e Valduce, che hanno unità specializzate per il trattamento di infarto e ictus. L’articolo accettato per la pubblicazione dalla rivista scientifica sarà firmato, oltre che da Vidale, dai colleghi del Sant’Anna Marco Arnaboldi, Vittorio Bosio e Carlo Campana, dai medici del Valduce Mario Guidotti e Giovanni Corrado e dallo specialista del Niguarda Roberto Sterzi.
Lo studio è durato dieci anni, dal mese di gennaio del 2005 al dicembre del 2014.
In questo periodo sono stati registrati i casi di 4.110 pazienti residenti a Como ricoverati nei due presidi per infarto o ictus. Sono stati analizzati per ciascun malato i fattori di rischio personali, dal fumo di sigaretta ad altre patologie pregresse. I dati sono stati poi incrociati con le rilevazioni in tempo reale delle sostanze inquinanti raccolte dalle centraline attive nel capoluogo e anche con la temperatura.
Viene evidenziato un collegamento diretto tra i picchi di ozono, biossido di zolfo, biossido di azoto e polveri sottili (Pm10) e l’aumento, nei giorni immediatamente successivi, dei ricoveri per ictus e infarto.