Le grida festose dei bambini che giocano nel cortile della scuola, sul retro di via Cartesio, stridono con le voci ovattate e le parole sussurrate degli inquirenti che si muovono nella palazzina in cui è stata uccisa Celestina Castiglia. E’ l’ora del pranzo per gli alunni e la routine, in questo angolo del paese, prevede che il sottofondo siano risate e chiasso.
Solo il pianto disperato del figlio della vittima, Roberto, riesce per interminabili secondi a sovrastare quei suoni allegri. Poi, dopo che il cataletto porta via Celestina, gli investigatori mettono i sigilli all’abitazione e vanno via uno dopo l’altro. Anche l’intervallo è finito e in via Cartesio resta solo il silenzio.
Tocca alla nuora di Celestina, Filomena, arrivata più tardi in via Cartesio, trovare qualche parole per cercare un perché alla tragedia. “Lui voleva comandare e mia suocera non si faceva mettere i piedi in testa – dice – Era una combattente. Le liti erano continue, le avevamo detto di andare via ma lei voleva restare, aveva fatto lei questa casa”.