“Un cantiere abbandonato” così Elisabetta Cavalleri, presidente dell’Ordine degli Architetti di Como, definisce l’Asilo Sant’Elia di Giuseppe Terragni.
Ma avverte: «Non diamo la colpa solo alla pandemia, il covid in questi casi è una foglia di fico. Un progetto di restauro lo si può elaborare anche in lockdown e noi architetti lo sappiamo bene».
Lo Stato impone al proprietario per beni ritenuti di valore storico e monumentale come questo la tutela. «Spesso l’ente pubblico, e non parlo solo di Como ma in generale di tante realtà italiane – dice ancora Cavalleri – non rispetta le norme di tutela e di rispetto di questi beni che invece impone ai privati. Dovrebbe dare il buon esempio».
L’Asilo è la punta dell’iceberg e simbolo, a Como, di quel grande tema che è il restauro dell’architettura moderna. «Un tema – sottolinea Cavalleri – spesso dibattuto. Su un monumento del ‘400 abbiamo ormai acquisito e maturato esperienze, sul Novecento no e Como, con l’Asilo Sant’Elia e con tanti altri esempi, penso allo Stadio Sinigaglia e al Monumento ai Caduti che è un disastro e soffre di gravi infiltrazioni nella cripta, non più visitabile, credo sia una città che deve diventare capofila su questo tema».
Un altro aspetto che tocca sempre il Sant’Elia è quello della manutenzione. «Non averla programmata ha portato ai danni che si sono visti, qui come in altri casi – chiude il numero uno degli architetti comaschi – Se programmo una manutenzione ho tempo di valutare nel merito i problemi e gli interventi necessari. In generale – conclude Cantaluppi – l’ente pubblico a Como come altrove vive senza programmi di manutenzione sull’edilizia di proprietà e vive di emergenza».