Reddito di cittadinanza, l’Inps ha diffuso nelle scorse ore i dati aggiornati al 30 aprile. In provincia di Como sono state presentate 3.510 domande. Il numero è la somma delle richieste arrivate sui tavoli di Caf, patronati e poste dallo scorso 6 marzo. A livello nazionale è la Campania la regione che ha fatto registrare le cifre più alte, mentre la Valle d’Aosta quella che ne conta meno.
In riva al Lario le richieste avanzate dalle donne sono la maggioranza, 1.922, contro le 1.588 degli uomini. Il totale (che ammonta – come detto – a 3.510 pratiche) rappresenta soltanto una minima parte della popolazione, lo 0,58%, una percentuale molto bassa. Stessa situazione anche a Lecco (con 1.879 domande ossia lo 0,55% dei cittadini). Scenario diverso a Varese (in cui l’incidenza delle domande sul totale della popolazione è pari allo 0,86%). E’ Pavia la provincia in cui si registra il rapporto più alto (l’1,26%).
“Mi aspettavo un numero più alto – commenta Francesco Diomaiuta, il subreggente della Cisl dei Laghi – va detto comunque che l’economia di Como è diversa da altre realtà lombarde, in primis quella della vicina Varese. La provincia lariana vive molto di turismo e commercio, ambiti nei quali il lavoro – sebbene spesso sia precario e retribuito in modo non corretto – si trova. Diverse, invece, sono quelle realtà a traino industriale che quindi hanno risentito di più della crisi e hanno creato disoccupati che oggi faticano a ricollocarsi. Molti di questi hanno i requisiti per poter richiedere il reddito di cittadinanza”.
Infine, Diomaiuta fa un’altra considerazione. “Credo che a Como e più in generale al Nord ci sia anche chi si vergogna a ricorrere a questa misura, penso – dice – a chi ha sempre lavorato e di punto in bianco si è trovato a vivere una condizione di disagio e difficoltà”.
“Tra chi sta presentando le domande per il reddito di cittadinanza ci sono molte persone di mezza età che non riescono a trovare un nuovo impiego – conferma Giacomo Licata, segretario provinciale della Cgil – parliamo di gente che negli ultimi anni sta facendo proprio fatica a far quadrare i conti. Per quanto ci riguarda nei nostri centri siamo ormai a circa 800 domande. Il rischio vero – aggiunge – è che si tratta di uno strumento di contrasto alla povertà con ancora troppe lacune, basti pensare a tutta la parte di politiche attive del lavoro su cui regna il caos”.
“Il dato comasco è abbastanza basso e credo che molto abbiano influito anche i criteri, più selettivi rispetto al reddito di inclusione – commenta Salvatore Monteduro Segretario generale CST UIL del Lario – sarà poi da valutare quanto questa resterà una forma di sussidio e quanto invece aiuterà a ricollocare. La verità – conclude – è che se non si consolida la ripresa difficilmente arriveranno reali opportunità di lavoro”.