Porre alle persone poche e semplici domande sulla loro situazione sociale, oltre a misurare la pressione sanguigna e il colesterolo, darà un quadro più preciso di chi potrebbe sviluppare malattie al cuore in futuro. Lo sostiene uno studio internazionale condotto, nel corso di un decennio, su 20mila partecipanti provenienti da tutta Europa e appena pubblicato sull’European Heart Journal.
Il professor Giovanni Veronesi, del Centro ricerche in Epidemiologia e medicina preventiva (Epimed) dell’Università dell’Insubria, è tra gli autori dello studio.
Nell’articolo si mostra per la prima volta che fattori come livello di educazione, occupazione, stato civile, salute mentale, indice di massa corporea e attività fisica potrebbero essere cruciali per identificare chi è più a rischio di attacchi cardiaci. È stato infatti riscontrato che questi fattori alterano le decisioni di trattamento, sull’opportunità o meno di utilizzare farmaci preventivi chiamati statine, per ben una persona su dieci.