Un tonfo: Como perde quindici posizioni nella graduatoria della qualità della vita, la classifica stilata ogni anno e pubblicata a dicembre dal Sole 24 Ore, vinta quest’anno da Bologna.
Secondo il quotidiano di Confindustria, la provincia di Como è 55esima su 107: metà graduatoria.
Il posizionamento è calcolato in base a sei macroaree, quattro delle quali vedono Como in peggioramento (in due la provincia lariana è quasi sul fondo della classifica).
Due, invece, i capitoli nei quali Como ha scalato posizioni: “ricchezza e consumi” (16esimo posto) e “giustizia e sicurezza” (26esimo posto).
In tema economico, bene i risparmi (16 posto), male invece il trend del Pil pro capite nell’ultimo anno, in calo.
Sul fronte giustizia e sicurezza, i comaschi sono poco litigiosi (lo si evince dal numero di cause civili) e l’efficienza del Tribunale, misurata con le cause ultratriennali pendenti, è la sesta migliore d’Italia. Per contro, si segnalano molti casi di violenza sessuale (94esimo posto) e riciclaggio di denaro (99esimo posto).
Alla voce “affari e lavoro” (che in senso assoluto peggiora) bene l’ecommerce al dettaglio – decimo posto – e male, anzi malissimo il tasso di imprese femminili, tra i più bassi d’Italia. Da segnalare anche un fortissimo ricorso alla Cassa Integrazione Ordinaria (98esimo posto).
Leggero peggioramento anche alla voce “Ambiente e servizi” ma senza particolari tonfi, se non in ambito di utilizzo dei fondi europei per l’ambiente e per l’agenda digitale.
In termini di “demografia e salute” Como è 81esima: pesano lo scarso numero di infermieri e medici di famiglia, l’alta densità abitativa e l’elevata incidenza dei casi Covid ogni mille abitanti, per la quale la provincia lariana è 103esima su 107.
Ancora peggiore la performance comasca alla voce “cultura e tempo libero” (84esimo posto). Mancano librerie, eventi sportivi, ristoranti, bar, piscine, cinema. Come se non bastasse, la partecipazione elettorale è bassa. Un solo dato positivo: i comaschi leggono molti quotidiani.
SANITA’: IL COMMENTO DEL PRESIDENTE DELL’ORDINE DEI MEDICI DI COMO
Alla voce “demografia e salute”, si notano tre dati particolarmente negativi: pochi medici di famiglia, pochi infermieri e un numero alto di casi Covid. Ovviamente i tre elementi non sono collegati.
“Manca il ricambio generazionale. Il numero di borse di studio è insufficiente, sia a livello nazionale che a livello locale. Non si riescono a sostituire i medici di famiglia che vanno in pensione. – commenta Gianluigi Spata, presidente dell’Ordine dei Medici di Como – Poi, va detto, in provincia di Como – soprattutto in ambito specialistico – qualche medico va a lavorare in Svizzera. Pratica questa, invece, molto più diffusa tra gli infermieri. Gli ambiti scoperti della nostra provincia sono i paesi più disagiati, le zone delle montagne e delle valli lariane per le quali è difficile reclutare non solo medici di famiglia, ma anche supplenti per periodi limitati. Bisogna investire nella formazione: i nove miliardi previsti per la sanità nel recovery fund sono un’inezia, se si pensa che in dieci anni ne sono stati sottratti 36”.
Sull’incidenza dei casi Covid, “la prima ondata – spiega ancora Spata – ha colpito in modo violento Brescia, Bergamo e Lodi, e in questi territori è stata quindi sviluppata una certa immunità. A Como, Varese, Lecco e Monza invece nella seconda ondata purtroppo il virus ha trovato terreno fertile. Bisogna partire con le vaccinazioni, l’unico strumento che può garantire l’immunità di gregge. Sono davvero arrabbiato per i comportamenti irresponsabili delle ultime ore e per le regole sempre più blande: il rischio è di iniziare la vaccinazione anticovid nel 2021 nel pieno di una terza ondata. Dobbiamo evitarlo”.