Il Ticino chiede più controlli alle frontiere e la chiusura dei valichi minori, ma gli industriali del Cantone, che contano 16mila frontalieri su 30mila impiegati del settore si dicono contrari.
“Siamo chiaramente contrari a misure di restrizione ai valichi di frontiera perché renderebbero gravoso il passaggio della dogana ai lavoratori e non crediamo che questo sai un contributo alla riduzione della diffusione del virus – chiarisce Stefano Modenini, direttore dell’Associazione Industrie Ticinesi – In questo senso abbiamo fatto presente a Berna al consiglio federale che questa non è una misura che il Ticino debba introdurre e siamo fiduciosi che anche questa volta non verrà di fatto accolta”.
“I lavoratori frontalieri sono una componente assolutamente indispensabile e noi ne abbiamo circa 16mila su 30mila lavoratori del settore industriale – continua – E’ una componente storica. Portano competenze professionali importanti, sono specializzati per la massima parte e per noi sono essenziali. I rapporti con l’Italia dal punto di vista istituzionale ed economico sono improntati su una buona collaborazione e questo deve continuare anche in futuro. Se ci sono dei problemi si sono sempre affrontati con ragionevolezza e confido che questo possa continuare”
La produzione industriale non si è mai fermata in Ticino, ma pesa l’incertezza e preoccupa l’andamento della pandemia. “E’ chiaro che noi dipendiamo dall’andamento della congiuntura internazionale – conclude Modenini – In questo momento diversi rami industriali soffrono in particolare quello che è la meccanica di precisione, la componentistica dell’automobile e l’aviazione. Altri vanno meglio come il comparto farmaceutico, ma dobbiamo vigilare perché la situazione rimane tesa”.